Milano 13 Aprile – Altro che taglio delle tasse: da qui al 2019 attendiamoci una nuova spremuta da 71 miliardi. Ad affermarlo l’ufficio studi di Unimpresa (l’associazione di ispirazione cattolica raggruppa molte micro-imprese e qualcuna anche un po’ più grande). Arriva a questa conclusione dopo aver esaminato i dati comparsi nel Dpef, il documento di politica economica presentato dal governo la scorsa settimana. Complessivamente il gettito supererà quota 855 miliardi rispetto ai 784 del 2015.
L’arrivo della stangata non coglie di sorpresa visto che non ci sono tagli di spesa né ripresa economica (l’Istat ha comunicato una discesa della produzione industriale dello 0,6% dopo il recupero dell’,12% di gennaio). D’altronde che il taglio delle tasse fosse solo un trucco di marketing elettorale è risultato chiarissimo proprio dalla lettura del Dpef. Parlando dell’azione del nuovo governo Padoan dice: «Tra gli interventi più rilevanti vi è l’azzeramento del Fondo per la riduzione della pressione fiscale, alimentato dai risparmi accertati a consuntivo e derivanti dai processi di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica da parte delle Amministrazioni centrali». Fuori dal burocratese che cosa ha tagliato il governo? Sostanzialmente capitolo che sarebbe servito a diminuire l’Irpef degli italiani. E infatti l’Irpef non è diminuita di un centesimo. Di questo passo non scenderà mai rendendo la crisi sempre più crudele. Le imposte dirette cresceranno di 11,8 miliardi (+4,9%) e le indirette di 33,3 miliardi (+13,39%). I numeri assoluti fanno ancora più impressione: «Le entrate tributarie passeranno da 492,7 miliardi (2015) a 537,7 miliardi (2019). La pressione fiscale resterà invariata intorno al 43% a condizione che il Pil cresca alla velocità attesa (1,2% quest’anno e 1,4% il prossimo).
Blog Ernesto Preatoni
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