Il tempo non può chiedere di fermarsi, non può invocare la fine della miseria, dell’abbandono. Ma là, nei sottopassi in zona Stazione Centrale, è la palude stanca di tanti disperati. Ognuno con il proprio fardello di vita, non importa se extracomunitari o italiani, non importa se ubriachi o affamati. Stanno là con tre stracci e una coperta, un giaciglio improvvisato a cielo aperto con la speranza di rientrare in un mezzanino della Stazione. «Due anni fa è stata chiusa la stazione – spiega Sinigallia, Presidente dell’associazione Arca al Corriere- negli anni precedenti molti clochard ci dormivano dentro. Dopo si sono ritrovati fuori. Nell’ultimo anno hanno optato per i sottopassi…Si tratta di uno zoccolo duro di senzatetto cronici che ruotano attorno alla stazione, alcolisti o tossicodipendenti per la maggior parte, al 50 per cento stranieri. Persone che «a mezzanotte sono ancora qui accanto, bivaccano o bevono. La Stazione Centrale è un problema grosso”.
I disperati nella Milano accogliente di Sala aumentano, ma lo sguardo di questa amministrazione non li percepisce, non programma un piano. La parola “città aperta” chiude ogni possibilità di ripensare alle modalità indegne con cui viene operata l’accoglienza. E se passate accanto al degrado squadernato dai clochard, il cuore si stringe in una morsa, si vergogna di tanto squallore. Questa è la Milano che perde la sua dignità, incapace di sanare, di farsi carico, di risolvere. Non sono i clochard senza dignità, ma Milano.

Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano