Circa 700 mln di mancati incassi in un anno: a tanto ammonta, secondo un’indagine condotta da Unione Artigiani su un campione di circa 500 imprese associate tra Milano e la Brianza, il danno causato dai prodotti con false certificazioni. Guardando ai settori, in quello alimentare vengono stimati fatturati ridotti di almeno il 60% e i titolari dei laboratori di gioielleria e bigiotteria denunciano danni che valgono fino all’80% dei redditi annuali. Segnalano un -65% dei ricavi potenziali le ditte del legno arredo, le imprese della moda e delle pelle calcolano una riduzione del giro d’affari pari al 70%, e rilevano il 75% dei guadagni in meno i produttori di altri pezzi unici fatti a mano come gli strumenti musicali e le microimprese dell’artigianato artistico. Eppure sono pochissimi gli artigiani che denunciano, molti per sfiducia, in tanti perché non sanno nemmeno a chi rivolgersi. A fronte di un 3% che prova a fermare almeno col dialogo il venditore di prodotti “farlocchi” o i loro acquirenti, l’97% del campione allarga semplicemente la braccia e non si sforza nemmeno di comporre il centralino delle Forze dell’Ordine. Dall’indagine emerge forte la sfiducia: il 57% degli imprenditori associati interpellati non ha voglia di impegnarsi in un procedimento, secondo il 28% anche in caso di denuncia non cambierà mai nulla o se mai arriveranno gli eventuali provvedimenti repressivi – per il 12% – sarà troppo tardi. Quanto alle nuove normative sul Made in Italy: il 70% dice sì ai disciplinari di produzione per il non-alimentare, all’introduzione della tecnologia blockchain lungo la filiera e ad un nuovo marchio a tutela della produzioni artigianali a prova di falsario. Secondo gli artigiani inoltre l’85% dei loro clienti sa riconoscere un “fatto a mano” da uno industriale. Per il 70% degli artigiani interpellati una certificazione ufficiale di autenticità, sottoscritta dall’artigiano stesso, potrebbe rappresentare uno straordinario veicolo di promozione dei loro prodotti A fronte di questi numeri, Unione Artigiani ha organizzato questo pomeriggio un incontro tra imprese, carabinieri del Nas, agenti dell’Annonaria della Polizia Locale di Milano, gli esperti di Regione Lombardia e le associazioni dei consumatori. Una lectio magistralis per fare conoscere normative e strumenti, per tentare di arginare il fenomeno. “Il prodotto artigianale evidentemente tira, è una qualità ricercata dai consumatori più attenti e anche disposti a pagare di più. E per questo in tanti ne approfittano. Un esempio? A Milano sotto Natale è impossibile trovare un panettone non artigianale”, sorride amaro il presidente di Unione Artigiani Stefano Fugazza, panettiere e pasticciere che fra poco nella sua bottega avvierà la produzione dei panettoni della tradizione, impastati uno ad uno con le sue mani. “In questo caso – aggiunge – grazie ad un disciplinare preciso e condiviso, ad un marchio di riconoscibilità e al ruolo della Camera di Commercio di Milano, stiamo difendendo un patrimonio gastronomico ma fuori da questo circuito è una guerra. Tanto che anche i Nas hanno sequestrato tonnellate di panettoni industriali immessi sul mercato come artigianali. I furbetti poi si trovano da entrambe le parti”, aggiunge Fugazza. C’è l’ impresa non artigiana che produce in serie e poi commercializza la scritta “prodotto artigianale”. O qualche artigiano che invece compra la merce da qualche industriale, cambia il packaging e poi vende i prodotti come se fossero i suoi. Per noi ovviamente sono tutti fenomeni da reprimere”. Secondo Marco Acconero, segretario di Unione Artigiani si può ‘reagire’ “chiedendo e offrendo trasparenza al mercato e ai consumatori, certificando i processi e i prodotti, anche alleandosi con l’industria”. “La grande impresa, ad esempio, valorizzi la presenza dell’artigianato nella sua filiera produttiva, lo racconti, lo faccia vedere – afferma -. Non possiamo obbligarla a farlo per legge ma è un’iniziativa che va incentivata. Non costa e a nostro parere può generare ulteriore valore ai prodotti finali, immateriale ed economico.” “La strada dei controlli? Tolti i Nas dei Carabinieri – aggiunge Accornero – che indagano sui casi considerati più importanti, sui territori il pallino – per legge – è nelle mani della polizia locale. Nei grandi centri urbani abbiamo le Unità dell’Annonaria, ma nelle migliaia di piccoli comuni i controlli di fatto sono impossibili”.
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