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L’estate nera della giustizia italiana

Attualità

Non è un errore di battitura: mi rifiuto di usare la maiuscola per descrivere la detenzione fino a dimissioni di Toti o il resto che vedremo. Non la merita e non intendo piegarmi. Da tre mesi lo Stato di Diritto, questo sì maiuscolo, è stato sospeso in Italia nel silenzio generale di un centrodestra preso in trappola dalla sindrome di Fini. Quel drammatico complesso che porta a smettere di sostenere le proprie battaglie nella speranza di un applauso dalla sinistra. Un breve excursus.

Il 13 di maggio, cinque anni dopo l’altra fallimentare inchiesta sulla politica di centrodestra, Mensa dei Poveri, vengono arrestati Toti, Governatore della Liguria, Matteo Cozzani, capo di Gabinetto, l’imprenditore Aldo Spinelli e il Presidente dell’Autorità Portuale Signorini. Non ripercorrerò tutte le tappe (ve lo ricordate quando pareva che il fulcro fosse una frode sui numeri del Covid?). Mi limiterò a ricordare che sulla Diga di Genova il Consiglio di Stato ha dato ragione a WeBuild (e quindi a Toti) e che al Governatore il Riesame ha negato la libertà perché non avrebbe capito la gravità del reato.

Siamo due passi oltre la Santa Inquisizione. Qui non ci si aspetta che l’accusato si penta. Si pretende che lo faccia prima del processo. Non si contempla l’ipotesi dell’innocenza. Anche perché, e con le sue dimissioni Toti mette il sistema di fronte alle proprie ipocrisie, l’obiettivo appare essere univoco: far tornare la Liguria alle urne. Scopriremo se questa lettura è corretta nelle prossime settimane, quando il tribunale dovrà decidere se liberarlo. Se venissero revocati i domiciliari, dovremmo prendere tragicamente atto che siamo solo mezzo passo prima dell’eversione.

Non c’è solo questo, naturalmente. Abbiamo il Procuratore Cherchi, Venezia, nell’ambtio di una inchiesta che coinvolge un suo assessore (subito dimessosi, aveva capito il messaggio subito lui) che avvisa Brugnaro, come forma di cortesia, tramite avviso di garanzia che inizierà a indagare sul suo blind trust.

Siamo tutti colpiti dalla cavalleria, ma che senso ha? Se non si dovesse trovare nulla, il danno sarebbe già stato fatto. Inoltre, cosa dovrebbe preparare Brugnaro visto che l’oggetto di ciò che viene indagato, per definizione, è fuori dal suo controllo? Non sarà, forse, che si sta offrendo cavallerescamente anche a lui una comoda via d’uscita dall’inchiesta in cambio di immediate dimissioni?

Non è coinvolta solo la giustizia. Il 10 luglio abbiamo visto negare a Rosa e Olindo Bazzi la possibilità di un processo giusto. A breve vedremo la stessa cosa per Massimo Bossetti. A tacere delle molte sentenze che “accertano” fatti storici estranei al giudizio per ragioni evidentemente ultronee al diritto.

E poi c’è l’ultimissimo caso di cronaca. Abbiamo l’omicida di Giulia Cecchettin a colloquio coi genitori. Che per settimane non erano andati. Filippo Turetta è a rischio suicidio. Il padre tenta di dargli la forza di andare avanti. Il colloquio viene registrato e finisce in mano alla stampa. Parte il linciaggio. E la domanda resta: perché il colloquio di un reo confesso con i genitori è arrivato in mano alla stampa? Esiste un razionale che non sia quello di far odiare uno che comunque passerà i prossimi 30 anni in galera e poi, se non si farà o non gli faranno del male prima, uscirà?

Il tutto nel silenzio più completo del CSM e del suo Presidente.  Io non credo di riuscire a tacere. Probabilmente perché, a differenza sua, sono dalla parte sbagliata della storia. E, forse, a breve, della giustizia.

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