Milano 12 Aprile – I marocchini sono di casa al mercato di Piazzale Lagosta. Ho contato circa 18 bancarelle, soprattutto di abbigliamento. Ma anche un Equadoregno, un Senegalese e altri dal Bangladesc. Un mercato irriconoscibile, se si ricorda come era qualche anno fa. Un mercato dove il prodotto italiano è decisamente poco rappresentato, se non sulle bancarelle degli italiani che lamentano con forza la difficoltà del momento, le tasse. “Pensi, adesso è mezzogiorno e io ho incassato 40 euro in tutta la mattinata.” Eppure il banco offre abiti per bambini graziosi a 10 o 20 euro, esposti con grazia ed ordine. “Il fatto è che per la metropolitana, ci hanno assegnato dei post nuovi ed io mi sono ritrovata qui, dove non c’è passaggio. Eppure io avevo una mia clientela, ma un cliente, ad esempio, ha impiegato quattro mesi prima di ritrovarmi”. La gente è interessata soprattutto al costo, si sofferma dove gli abiti ammucchiati alla rinfusa, costano un euro o due. “Ecco vede – mi dice la titolare italiana di un banco di fronte – la gente non sa che sta comprando abiti usati. Perché il cartello usato è obbligatorio, ma nessuno lo espone. E chissà da dove proviene quella merce. La comprano a chili, la lavano un po’ e fanno gli stock. Tanto loro, i marocchini, non pagano né Inps né Inail e spesso neppure le tasse.” Ai marocchini è difficile fare domande: la diffidenza si taglia con il coltello, tanto che dopo qualche richiesta d’informazione, vengo avvicinata minacciosamente da un millantato responsabile delle bancarelle con titolari stranieri in difesa della loro privacy e della loro libertà. Ma le mie domande erano molto semplici: quale la nazionalità di provenienza, da quanto tempo erano legittimati a fare gli ambulanti e se si sentivano integrati in Italia. Comunque le risposte poco cortesi certificano che quasi tutti sono in Italia da dieci o quindici anni, che oggi non conviene lavorare qui, che in Germania o in Francia si vive meglio, che la loro situazione è spesso incompresa. Ma convengono che la sanità è efficiente, che i marocchini, a Milano, sono tanti e che nella vita tra persone della stessa etnia c’è collaborazione. Sembra di capire che “usino” l’Italia fino a quando conviene, e che l’integrazione non è un problema che si pongono. Solo un senegalese con prodotti platealmente africani, dichiara, con un sorriso aperto “Chi si lamenta non ricorda più come si vive nei nostri paesi. Io qui sto bene. Vendo le mie cose, mangio tutti i giorni e faccio cinque mercati alla settimana. Cerco di accettare gli altri per quello che sono, senza chiedermi tanti perché”
Il via vai si snoda normalmente, senza affanno. La gente compra soprattutto frutta e verdura, poi guarda, osserva, si ferma dove i prezzi sono al minimo “A me non interessa che siano usati, questi abiti, perché con la crisi non posso permettermi altro. A casa sterilizzo tutto per l’igiene. Vero è che con tutti i marocchini che ci sono questo mercato è cambiato, è diventato un mercato della mutua.”
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Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano