IL VENTRE UMANO DI MILANO

Le storie di Nene Milano

Milano 10 Marzo – I colori di Milano sono tanti, sono ricchi di sfumature, hanno il fascino dell’arte, della creatività, hanno l’impegno del commercio e dell’industria, hanno atmosfere sfavillanti e decadenti, hanno le vibrazioni del sogno e della vita. E qualsiasi cosa si pensi di Milano, nel bene o nel male, Milano ha un fascino speciale, nonostante i tanti problemi irrisolti, nonostante una amministrazione demenziale e distratta, nonostante la delinquenza ormai incontrollabile, nonostante il degrado ambientale, nonostante…ma l’elenco delle cose che non vanno sarebbe troppo lungo e noioso. Perché Milano ha una faccia nascosta, silenziosa, che fa della semplicità del vivere quotidiano, la sua forza. Un colore apparentemente incolore, ma  che traccia e sostiene l’ossatura della città. E sa essere attenta, generosa, sensibile, aperta alla curiosità culturale e umana.

ANZIANI insiemeIn una piccola onlus per anziani, nella periferia Nord, ogni martedì un Docente legge “I Promessi sposi”, ne evidenzia la bellezza stilistica, fa parallelismi con la società attuale, sottolinea la complessità dei caratteri dei protagonisti. E si commenta, si riflette, si critica. Ma quanti Don Abbondio ci sono anche oggi, asserviti al potere, che preferiscono chinare la testa davanti all’ingiustizia? E quanti Don Rodrigo arroganti e presuntuosi?

Per molti è una scoperta, per altri una rilettura, per tutti un’occasione di socializzazione. Hanno un pregresso comune di lavoro faticoso in fabbrica, alcuni vivono soli, altri mantengono il figlio disoccupato, altri ancora sono “clienti” del parroco per il pasto quotidiano. Conoscono la solidarietà, la condivisione, il sorriso. Rappresentano il ventre umano di Milano. E dopo la lettura Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa, che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante; c’era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un’anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne’ cuori. Portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta; ma tutta ben accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se madre Ceciliaquelle mani l’avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere sur un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull’omero della madre, con un abbandono piú forte del sonno: della madre, ché, se anche la somiglianza de’ volti non n’avesse fatto fede, l’avrebbe detto chiaramente quello de’ due ch’esprimeva ancora un sentimento.

Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d’insolito rispetto, con un’esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, “no!” disse: “non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete.” Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò: “promettetemi di non levarle un filo d’intorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo, e di metterla sotto terra così…”, l’incanto è partecipazione e pianto.

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