Milano 11 Marzo – Mentre ieri, 10 Marzo, in Giappone, ed in particolare a Tokyo, si commemorava il 70° anniversario del bombardamento che distrusse la capitale del Sol Levante ad opera degli USA e che causò oltre 100.000 vittime, oggi 11 Marzo la popolazione giapponese ricorda un’altra tragedia: il terremoto che causò lo tsunami nel 2011.
Secondo l’Agenzia nazionale di polizia, il numero di decessi dovuti direttamente al disastro è stato di 15.891 persone in 12 prefetture, mentre il numero dei dispersi ammonta a 2.584.
Ma non è tutto: sempre secondo l’Agenzia per la ricostruzione, circa 229.000 persone vivono ancora come sfollati e nelle prefetture di Iwate, Miyagi e Fukushima, a partire dalla fine di febbraio, circa 80.000 di loro vivono prevalentemente in unità abitative temporanee prefabbricate.
Ad affliggere queste 229.000 mila sfollati, ora, non è solo la perdita delle loro case, del loro lavoro o dei loro cari ma anche, in alta percentuale, problemi di salute.
Una ricerca medica, pubblicata dall’Associazione giapponese per il forum Disaster Medicine, condotta da medici locali e da una squadra della Niigata University, ha mostrato che i casi di coaguli di sangue tra gli sfollati che vivono in unità abitative temporanee, nelle prefetture di Iwate e Miyagi prefetture sono aumentati notevolmente negli ultimi quattro anni, la ricerca mostra.
I ricercatori, Shinsaku Ueda, un medico presso l’Ospedale Ishinomaki e della Croce Rossa giapponese, Kazuhiro Sasaki, medico al Municipal Hospital Morioka, e Kazuhiko Hanzawa, docente presso la Scuola di Medicina di Niigata University, hanno riscontrato che il 7,1 per cento degli sfollati hanno avuto coaguli di sangue nelle vene e le percentuali di persone che riscontrano questi problemi vascolari continuano a crescere soprattutto tra coloro che successivamente al disastro si sono trasferiti in alloggi temporanei, arrivando a colpire il 18,4 per cento nel 2014.
Tuttavia, il tasso è rimasto stabile al 8,1 per cento per coloro che sono stati in grado di tornare a casa, il che suggerisce che una mancanza di esercizio fisico tra coloro che hanno perso il posto di lavoro o la casa, ha giocato un fattore importante dal punto di vista della salute.
Nella prefettura di Iwate, il rapporto tra i residenti con coaguli di sangue nel 2014 è stato del 12,7 per cento, un tasso triplicato se paragonato al 4,3 per cento dell’autunno 2011. Nel città costiera di Otsuchi, il tasso è più che triplicato attestandosi al 13,1 per cento nel corso dello stesso periodo esaminato.
I coaguli di sangue spesso si formano a causa di una mancanza di attività fisica e può portare a morte improvvisa se i vasi sanguigni nei polmoni rimangano ostruiti; problema mortale noto come embolia polmonare e comunemente chiamato “sindrome della classe economica”.
Nonostante il Governo giapponese, continui a lavorare alacremente per risolvere la situazione abitativa delle vittime superstiti del terribile tsunami, tanto è ancora il lavoro che il Giappone deve fare senza aiuti validi da parte della Comunità Internazionale che, preferisce stanziare soldi, che successivamente spariscono nel vuoto lasciando Haiti ancora agli stessi livelli che si sono registrati nell’isola caraibica il giorno successivo al sisma del 10 Gennaio 2010.
Che i problemi dei parassiti riscontrati all’Aquila siano riscontrabili anche all’ONU, a casa Clinton e onlus varie? D’altro canto si sa, ad Haiti, e la situazione lo dimostra, qualcuno si è arricchito; in Giappone, ogni quattrino inviato volontariamente da molti cittadini, anche italiani tramite il conto del Consolato o dell’Ambasciata, è stato speso per la ricostruzione, per il cibo, per le infrastrutture, per il fiero popolo giapponese che, a differenza di altri paesi, nonostante il terrificante disastro, non ha mai lanciato appelli d’aiuto, non ha mai elemosinato nulla, ma non perché sia un “paese ricchissimo” ma semplicemente perché è popolato da genti fiere ed orgogliose.
Impiegato presso una nota multinazionale americana, ha avuto varie esperienze di dirigenza sia in campo professionale che in campo politico.
Scrive per Milanopost ed altre testate, soffermandosi soprattutto su Israele, Medio Oriente, Africa sahariana e subsahariana. Giornalista Freelance scrive più per passione che per professione.