Tra anarchia e povertà: voglia di rivolta in Italia

Attualità

Milano 16 Maggio – Eversione, rivolte, voglia di rovesciare i tavoli del potere sono ormai sentimenti che albergano in quella metà del popolo italiano esclusa dall’ascensore sociale. Ridotta ad elemosinare opportunità lavorative che non arriveranno mai, perché è stato detto loro in tutte le salse che “necessita accettare un percorso d’esclusione sociale… che necessita fare propria la rassegnazione”. Dopo più di due secoli d’egalitarismo profuso in tutte le salse, ed in contesti politici e sindacali, è davvero arduo convincere la gente che l’Europa, ed in particolar modo l’Italia, è ormai una società divisa in caste, ed ai disoccupati (gente non più socialmente reinseribile) toccherebbe il rango di paria. In questo devastante scenario, prendono nuovamente forma le lotte tipiche della società bloccata, ed il palazzo potrebbe crollare se per un istante s’incontrassero le pulsioni rivoluzionarie d’una parte dei nuovi poveri e quelle storiche delle mai estinte fazioni anarchiche.

Gli inquirenti hanno così commentato l’attentato anarchico alla sede postale romana di via Marmorata: “Un gesto dimostrativo, l’ordigno non era atto ad offendere”. Una semplice esplosione per strada, a Roma, nei pressi d’una storica sede delle Poste. Non ci sono stati feriti, e lo scoppio è stato provocato da un ordigno rudimentale (una bomba carta posizionata tra due auto nel parcheggio delle Poste), e secondo i testimoni c’è stata anche una seconda esplosione, meno potente della prima. Ma questi segnali dal mondo anarchico a chi sono rivolti? Vanno certamente in due direzioni, ovviamente comunicare al sistema istituzionale che le frange eversive non sono morte e, cosa assai più importante, dire a chi colpito dalla crisi (alla diffusa indigenza) che una via rivoluzionaria è possibile. E questo messaggio piomba sul Paese a pochi giorni dalla vittoria renziana nel Pd e nel bel mezzo delle polemiche su Maria Elena Boschi ed i vari intrighi bancari dei governi tutti.

Ovviamente per gli investigatori non vi sono dubbi sulla pista anarchica. Presa in considerazione per il tipo di ordigno usato e l’obiettivo scelto: le Poste sono sempre state oggetto di simili azioni.

E il fatto che non sarebbero stati ritrovati volantini, e non siano ancora state fatte (almeno siano ad ancora) rivendicazioni per via telefonica, significa che le forze eversive oggi si sentono più forti di ieri, consce che nell’opinione pubblica sia ormai diffuso un senso di ribellismo anti istituzionale. La galassia insurrezionalista sa che oggi potrebbe arruolare a mani basse tra i sette milioni di poveri del Paese: escludendo ovviamente quei due milioni definiti a “povertà irreversibile”, che ormai versano in uno stato d’inedia cronico.

Del resto, per scardinare con modalità rivoluzionarie un sistema statuale, occorre arruolare gente non certo vinta dal bisogno e ridotta in povertà estrema. L’eversione può fare proselitismo solo tra gli esclusi che ancora s’arrabattano, tra i laureati ridotti a far lavori manuali in regime di sfruttamento, tra l’area intellettuale che avverte come il regime democratico stia volgendo alla dittatura. Per fare una rivoluzione necessita che una fascia medio borghese finanzi le iniziative di disobbedienza, di rivolta. E chi ha compiuto l’attentato dimostrativo certamente ha investito una piccola (discreta sommetta): infatti l’ordigno di via Marmorata aveva un timer (un pacco in plastica con dentro due bottigliette con del liquido, probabilmente benzina, e un timer: dicono quelli che investigano). Al vaglio degli investigatori sarebbero ora le telecamere di videosorveglianza della posta, che potrebbero aver immortalato chi ha posizionato l’ordigno: ma ben sappiamo che gli anarchici si saranno camuffati, travestiti, come in uso da tempo inveterato nella tradizione anarchica tedesca. Non dimentichiamo che certi clown di strada tedeschi erano collaterali alla Baader Meinhof: li difendevano perché vedevano nella Rote Armee Fraktion (Frazione dell’Armata Rossa) una forza che avrebbe potuto coagulare l’antisistema, la voglia di rivoluzione. Del resto in un sistema occidentale in cui vengono pericolosamente cancellati tutti i diritti dei lavoratori, dei malati e delle fasce deboli, è naturale che una parte della popolazione non accetti le nuove regole e si ribelli. Va anche detto che il ruolo attuale delle forze di polizia è difendere l’incolumità fisica dei potenti, guardando all’uomo di strada con il sospetto dovuto al nemico: una visione ottocentesca, degna d’un  Javert o d’un  François Vidocq. Questi signori incarnavano il poliziotto nemico del popolo e servo del potere, entrambi non disdegnavano l’uso di maniere criminali con la povera gente, rea solo d’incarnare nell’immaginario l’antipotere. Detto questo noi ci si pone come spettatori, pronti a prendere un treno che parta da Zurigo come che giunga a Roma… certi solo che il fuoco sotto la pentola a pressione è stato acceso da chi governa e non certo da chi subisce.

Ruggiero Capone (L’opiniome)

 

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