I terroristi sono tra noi, a Milano: arrestati due egiziani, Sala che dice?

Milano violenta

Nella città “Aperta” che più aperta non si può, in cui anche le moschee abusive proliferano senza controlli, sono stati arrestati due terroristi con comprovata appartenenza all’Isis e dediti all’indottrinamento anche dei minori. Sala è preoccupato “Sono stato avvertito dal questore dell’operazione a cose fatte. Bene che abbiano fermato qualcuno che poteva rappresentare un rischio per la nostra città. La vigilanza deve essere alta ma credo che ci sia una collaborazione da parte di tutti. Certamente col buonsenso credo che ci sia molta più attenzione” Buonsenso che i milanesi hanno creduto fosse una direttiva del Sindaco nell’accoglienza: ora i terroristi sono a casa nostra, a Milano.

L’attività d’indagine è stata coordinata dal Procuratore Capo di Milano Marcello Viola e dal Pubblico Ministero Alessandro Gobbis, e ha dato esecuzione a misure di custodia cautelare in carcere emesse dal GIP Adriano Filice, a carico di un 44enne e 49enne di origine egiziana, ritenuti responsabili di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo ed istigazione a delinquere con finalità di terrorismo. In particolare, l’attività investigativa condotta dalla Digos di Milano – Sezione Antiterrorismo e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica di Perugia, in collaborazione con la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione e con il Servizio Centrale Polizia Postale e delle Comunicazioni, ha avuto inizio nell’agosto del 2021 quando, sulla base di acquisizioni d’intelligence e dalle indagini su un altro procedimento penale, gli investigatori hanno avviato mirati approfondimenti nei confronti dei due indagati, entrambi evidenziatisi per la comune presenza su gruppi WhatsApp di matrice jihadista e riconducibili allo Stato Islamico.

L’indagine ha confermato la centralità del cyberspazio e dei circuiti mediatici internazionali, nella diffusione del messaggio jihadista finalizzato al proselitismo ed all’esaltazione delle azioni terroristiche da parte dell’organizzazione a cui hanno aderito gli indagati. In particolare, la Polizia ha riscontrato l’utilizzo della rete per una sorta di addestramento diffuso, cristallizzando a carico dei due soggetti indagati i seguenti elementi indiziari: copioso materiale inneggiante ad azioni terroristiche violente, in diversi casi con bambini protagonisti; condivisione sui propri account Facebook di contenuti jihadisti, con commenti e like di approvazione su profili altrui; presenza su canali Telegram e gruppi Whatsapp direttamente riconducibili allo Stato Islamico o ad esso affiliati, con la partecipazione di centinaia di utenti, registrati con numerazioni siriane, afgane, irachene, nord-africane, ma anche europee e sudamericane; versamenti di denaro disposte a favore di nominativi stanziati in Yemen e Palestina e indottrinamento religioso svolto nei confronti dei familiari, con particolare riferimento ai figli minori. Nel corso della lunga indagine, il quadro probatorio si è ulteriormente aggravato con un giuramento di fedeltà allo Stato Islamico postato su un profilo Facebook da uno degli indagati nel maggio 2022. A riprova dell’assoluta gravità degli elementi ricostruiti, è stata rilevata da parte degli indagati un expertise nell’uso delle armi e la disponibilità a dare consigli a chi volesse essere introdotto al loro impiego. Inoltre, sono state individuate, sempre sul medesimo profilo Facebook, delle minacce dirette a cariche istituzionali italiane.

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