La governance (latinorum dei nostri tempi, l’inglese), ovvero il comando del mondo è tornato un assillo.
L’Italia e non solo che non si allinea all’Europa. Il Nordafrica nel caos, condizione preferita degli autoctoni, come si è visto in Somalia e Yemen. La Russia in Siria ed in Venezuela. La Turchia che, come membro Nato, deve difendere i diritti umani ma che come Stato non è d’accordo. La Cina che è presente dappertutto e che nel mezzo dello scontro commerciale con gli Usa rilancia il suo piano commerciale planetario. Gli Usa attratti dall’isolazionismo mentre sono presenti militarmente ovunque.
Le anime belle richiamano con voli pindarici l’epopea della Società delle Nazioni e dell’Onu, con corollario dei processi che divisero il mondo in buoni e cattivi. Agognando il ritorno alla governance della stabilità, quella del mondo spaccato a metà ed ancor meglio della pace bushiana e clintoniana degli Usa poliziotti del mondo. Sembra di sentire gli isterismi del morente Pci che sulla tomba del comunismo aveva trovato subito un a nuova religione, il mundialismo. All’indomani del crollo sovietico, Craxi piuttosto di azzannare la gola degli orfani comunisti, cercò l’unificazione della sinistra. Mal gliene incolse. Evidenziò un altro obiettivo; e pianamente annotò l’inutilità della Nato.
La fine della guerra fredda, prolungamento della seconda, significava la fine di Yalta, la fine dello stato di ostaggio d’Europa intrappolata metà ad ovest, metà ad est. Significava la pace e la conclusione definitiva degli eventi di quasi 50 anni prima. Invece, senza le motivazioni e senza i nemici, se non le blatte dei Black Men, necessari ad un blocco militare, pace non ci fu e lo stato di guerra non cessò. Balcani, Medio Oriente, Somalia, Golfo Persico, Afghanistan l’unica alleanza rimasta si allargò fino ad essere presente dovunque mentre la governance laica sfogava le sue frustrazioni condannando Israele. La Germania rimase muta pur di ritrovare l’unità e smembrare la Yugoslavia, sviluppando poi un rapporto tutto suo con la Russia. L’Italia urlò nelle solite guerre fratricide non badando alle privatizzazioni depauperanti ed alla perdita di un’occasione storica.
Il tempo non è mai galantuomo. La storia però riporta sempre i nodi al pettine.
La Russia dei nuovi tempi torbidi si è con il tempo ripresa e lentamente ha riguadagnato posizioni cogliendo ogni occasione datale dagli errori della presuntuosa politica estera Usa. La Cina ha approfittato delle aperture univoche datele in campo economico pur di farla partecipare al mondo globalizzato anglosassone. Dopo 18 anni la poveretta accolta tra i ricchi del mondo, è divenuta la più ricca, è creditrice dei ricchi e si appresta a sviluppare un piano coloniale finora proibito alla colpevole Europa. L’Europa, o meglio chi la dirige, non capisce i nazionalismi, i sovranismi, i revanscismi. Come il Metternich è sorda e muta a quanto confusamente avviene e si fissa su aspetti particolari, l’immigrazione oppure opere pubbliche simboliche. I Macron, le Merkel, gli Juncker, il governo finanziario delle agenzie di rating indicano i trattati, notoriamente redatti da burocrati specialisti, come atto di volontà popolare quando questi sono stati conseguenza civile del patto militare.
I popoli europei vedono Russia, Giappone, India e Cina indipendenti dal governo finanziario e militare Usa e capiscono che alla fine sia di Yalta che dell’era dell’unico poliziotto, sono rimasti gli unici a scontare l’esito di una guerra mai finita. Eppure deve finire.
Per gli europei è sempre meno credibile che la loro digitalizzazione, la loro finanza, la loro composizione razziale, la loro politica estera, la loro difesa, sia un monopolio di terzi. Per questa ragione nazionalismi, sovranismi, revanscismi sono destinati a crescere senza fine. E’inutile la santificazione reiterata dei politici del dopoguerra o la maledizione reiterata sui tedeschi che oggi hanno in mano tre quarti dell’economia europea. indipendenza sia in mano altrui. Tra i fanatici dei trattati e quelli dell’indipendenza, al netto degli errori di entrambi, i secondi saranno sempre più popolari. E alla lunga otterranno l’indipendenza delle regole finanziarie limitando la globalizzazione agli aspetti commerciali come già avviene per le altre potenze dirigiste.
Quanto ai sancta sanctorum della governance mondiale, inventati ed oggi, in parte abbandonati dagli angloamericani, in parte a rischio; in più detestati dai popoli europei, è tempo che l’Occidente, per vie diverse, li abbandoni al proprio destino.
Ovviamente in questo percorso ineluttabile l’Europa si contorcerà a lungo in doglie infinite. Prima ci sarà il parto cesareo meglio sarà.

Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.