Il trend è inarrestabile. A Milano aprono due esercizi commerciali ogni tre giorni. Un ‘boom’ dietro al quale pare però nascondersi anche la criminalità organizzata.
Il settore della ristorazione cresce del 6% ogni anno (nel 2017 erano 7.333 bar, gelaterie e ristoranti contro i 6.911 dell’anno precedente) e addirittura del 35% rispetto al 2011 (dati forniti dalla Camera di Commercio).
A far da volano a questa crescita esponenziale ha contribuito certamente il successo di Expo 2015, incentrato proprio sull’alimentazione.
Ma, tra i tanti imprenditori onesti che hanno in questi anni visto in Milano il posto migliore per aprire una nuova attività di ristorazione, si nascondono anche soggetti legati al crimine organizzato e che hanno la necessità di riciclare in maniera facile i proventi illeciti.
“Riciclaggio” è infatti la parola che in questi ultimi tempi viene pronunciata con sempre maggiore frequenza dagli inquirenti.
In città sono cinque i locali chiusi solo in queste settimane. Il ristorante gourmet Unico di via Achille Papa, è stato il primo a finire nel mirino degli investigatori.
Dopo Unico è scattata la chiusura per altri tre locali, tutti in qualche modo legati agli stessi “soci sospetti”, ossia Francesco Palamara nipote dello storico boss di Africo in provincia di Reggio Calabria “Peppe ‘u tiradrittu”, Aurelio Modaffari considerato vicino alla cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti e Davide Lombardo, coinvolto in una inchiesta sul narcotraffico e con un passato di frequentazioni con uomini della cosca Barbaro-Papalia. Si tratta del bar Gio & Cate café di viale Molino della Armi, della rosticceria notturna Ballarò di piazza 25 Aprile e del locale Dom di corso Como. Tutte vetrine nel centro di Milano e nel cuore della movida.
È invece uno strettissimo legame familiare ad aver portato ai primi di luglio alla chiusura del bar Pancaffé di via Lodovico il Moro, 159, lungo il Naviglio Grande. Il locale è infatti intestato alla moglie e alla figlia del boss della ‘ndrangheta Rocco Papalia, scarcerato un anno fa dopo 26 anni di carcere e oggi rinchiuso in una casa lavoro a Vasto (Chieti).
L’ultima chiusura in ordine di tempo riguarda la pizzeria Frijenno Magnanno di via Benedetto Marcello, un locale molto noto a Milano, a causa dei presunti rapporti tra il marito della titolare e il clan Guida di Napoli.
La Federazione dei pubblici esercizi (FIPE), molto preoccupata per quanto sta accadendo, ha predisposto dei controlli, per quanto nelle sue possibile, su questo fenomeno. Confidando anche nella collaborazione informativa da parte dell’utente finale.
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.