INPS: le cronache marziane di Tito Boeri

Attualità

Milano 23 Luglio – Negli anni Sessanta Gino Bramieri faceva ridere l’Italia con la barzelletta di quel tale che… era così pigro, così pigro, ma così pigro che ha sposato una donna incinta.

È trascorso mezzo secolo e ora ci pensa Tito Boeri, presidente dell’Inps, a tenerci alto l’umore con una gag esilarante. Ieri l’altro, nel corso dell’audizione presso la Commissione d’inchiesta della Camera dei deputati sui migranti, Boeri ha tirato fuori la migliore battuta del suo repertorio: “Sin qui gli immigrati ci hanno ‘regalato’ circa un punto di Prodotto interno lordo di contributi sociali a fronte dei quali non sono state erogate delle pensioni”.

In pratica se i nonni e le nonnine d’Italia possono ancora concedersi il lusso di un piatto caldo in tavola lo devono alla generosità degli immigrati. Nessuno scandalo. In un Paese alla rovescia è plausibile che il gestore dei conti previdenziali si conceda a simili castronerie. Occhio, però! Il ragionamento da cui scaturisce questa imperdibile perla di saggezza non va banalizzato: esso nasconde pericolose insidie. Sostiene Boeri: gli immigrati versano contributi per 8 miliardi di euro, ne ricevono indietro 3 in prestazioni sociali e pensioni, quindi l’avanzo di 5 miliardi è destinato a pagare le pensioni degli italiani. Non fa una grinza. Visto che ci siamo, proseguendo nella logica di Boeri, perché non aumentare la presenza di migranti? Secondo le stime, entro il 2040, il fabbisogno della previdenza non potrà fare a meno dei 38 miliardi previsti come avanzo netto nel saldo tra versamenti e prestazioni erogate ai lavoratori immigrati. Ma perché per l’Inps gli stranieri sarebbero così preziosi da non poterne fare a meno? Essi hanno un raro in pregio: da vecchi se ne tornano a casa loro senza poter riscattare le somme versate all’Inps.

Ecco come si generano le sopravvenienze nel bilancio dell’Istituto di previdenza: incamerando i soldi di quelli che rinunciano a chiederli. Ecco perché i lavoratori italiani vanno scartati. Costano di più e hanno un vizio incorreggibile: dopo che per quarant’anni e passa smettono di farsi un mazzo a lavorare, cosa fanno? Osano chiedere allo Stato che gli venga erogata la pensione per tirare a campare. Che assurda pretesa! Cento volte meglio, allora, importare manodopera da fuori che paga quei contributi previdenziali che lo Stato non gli restituirà mai. Una macchina pubblica del genere somiglia più a una bisca che ad uno strumento della democrazia compiuta. Boeri teorizza il gioco delle tre carte. Tuttavia, la verità è all’opposto. Esiste una concreta possibilità che quegli immigrati regolari  mettano radici in Italia. E decidano un giorno di non tornare ai loro Paesi d’origine ma di starsene qui a godere i frutti dei propri sacrifici. Allora addio a quel bell’avanzo di in cassa che Boeri dà per scontato. Non c’è bisogno di essere dei top manager per comprenderlo. Chiunque lo capirebbe. Per raddrizzare la barca dell’Inps non occorrono trovate d’ingegno, frutto di un’esasperata faziosità ideologica. Occorre altro. C’è bisogno della buona politica che aiuti i giovani a mettere su famiglia, che li sostenga nel loro ruolo genitoriale, che gli assicuri un futuro lavorativo decente, che gli dia la possibilità di costruirsi il futuro versando per tempo ciò che servirà a sostenere i loro bisogni una volta divenuti anziani. C’è bisogno di una classe dirigente che creda nella preservazione e nella continuazione dell’identità italiana attraverso la successione delle generazioni.

Non si avverte l’esigenza, invece, di ascoltare un buontempone che, rifacendo il verso a Gino Bramieri, ci spiega che per risolvere la crisi demografica e rimettere a posto i conti pubblici si fa prima a importare gente da fuori piuttosto che a sottoporsi allo stress di concepire nuovi italiani, farli nascere e tirarli su. Qualcuno direbbe che, in fondo, non ci sarebbe gran differenza con gli immigrati. Di questi tempi i figli sono anche loro degli estranei, tanto che non sai chi ti metti in casa. Indro Montanelli la pensava cos

Cristofaro Sola (L’Opinione)

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