La “schedina” compie 70 anni

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Milano 5 Maggio – Fu in una domenica di maggio che nella casa di un dipendente di un’azienda farmaceutica entrò la Provvidenza a forma di biglietti di banca larghi come piazze d’armi. Mezzo milione di lire, avanguardia di un’epica che con i risultati settimanali del campionato nazionale di calcio avrebbe animato e rivoluzionato per decenni sogni, illusioni, esistenze rassegnate, fragilità di condizioni e riscatti sociali di migliaia di famiglie italiane.

Quel 5 maggio 1946 fu il giorno di un romano trapiantato nel capoluogo lombardo, Emilio Biasetti, unico vincitore con un 12 secco, 463.146 lire, esito fortunato della compilazione di una schedina, una dei cinque milioni stampati e delle trentaquattromila giocate nelle ricevitorie sparse in Italia. 30 lire il costo individuale, premiati i 12 e gli 11. Per dare senso della cifra incassata da Biasetti varrà la pena ricordare costi e valori dell’epoca nella quotidianità d’una famiglia media italiana appena uscita dalle sofferenze del conflitto mondiale: 45 lire un chilo di pane, 30 un litro di latte, 20 lire un caffè, 15 un uovo, 4 il biglietto del tram o l’acquisto in edicola d’una copia di Tempo, Messaggero o di Paese sera.

Di quella prima schedina a colonna unica, cinque vittorie in casa, una in trasferta, sei pareggi, risultati più rilevanti furono l’asciutto 2-0 del Novara nella roccaforte di Legnano, il pareggio della Roma propiziato da una rete di Amedeo Amadei e la mortificazione inflitta al Milan da un Torino – avviato dinanzi alla Juventus alla conquista del secondo dei cinque scudetti consecutivi – guidato da Valentino Mazzola , conduttore d’una squadra fenomenale rimasta impressa nelle memorie collettive e che le cronache di quel mese affidarono ai nomi di Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Ossola, Loik, Gabetto, Ferraris II. Fu questa la conclusione d’una giornata di campionato e di uno psicodramma affidato ad un foglietto di carta da tempo ampiamente sperimentato in Belgio, Finlandia, Inghilterra, Svezia e Svizzera.

Autorizzato dalla Direzione generale di Pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno con una circolare inoltrata ai Prefetti del Regno e al Questore di Roma meno di un mese prima che il referendum istituzionale del 2 giugno decidesse con molti dubbi di regolarità il passaggio tra monarchia e repubblica, il concorso-pronostici era stato affidato all’organizzazione del Comitato olimpico, con l’approvazione della Federazione calcio e la gestione nei primi due anni, per conto del Coni, della Sisal, Sport Italia Società a Responsabilità Limitata fondata Milano dal giornalista della Gazzetta dello Sport Massimo Dalla Pergola con due soci, Fabio Jegher e Geo Molo.

Dopo avvii modesti, le entrate del concorso apparvero subito provvidenziali per le casse sfibrate del Comitato olimpico, consentendo tra l’altro la presenza di una rappresentativa nazionale ai campionati europei di atletica di Oslo ed accompagnando di lì a poco l’ascesa al vertice dell’organismo olimpico di Giulio Onesti. Uscito illeso nel disinvolto passaggio dalle fila dirigenziali della fascista Opera Nazionale Dopolavoro ad un’inesistente presenza tra le forze partigiane, capace di recuperare il meglio delle forze positive del passato e di respingere le rischiose invadenze provenienti dalle componenti partitiche dominanti nell’immediato dopoguerra, Onesti aveva pienamente compreso come da quel semplice gioco domenicale base e vertice dell’attività sportiva nazionale avrebbero trovato un insostituibile strumento per affrancare lo sport dalla politica e guardare con ottimismo al futuro.

Meno di un anno, e dall’iniziale 1.032.000 d’incasso della prima giocata il concorso era infatti esploso nella stagione 1946-47 con un introito lordo di 7.270.566.428, di cui 1.163.290.628 al Coni, 1.599.524.614 allo Stato e il resto diviso tra i vincitori del concorso. Ancora una stagione, e alla vigilia dei Giochi olimpici di Londra il Coni decise di assumere la gestione diretta dei concorsi pronostici con la creazione di un servizio autonomo capace di offrire lavoro domenicale, fino a notte inoltrata, a seimila collaboratori. Nasceva, con entrate vertiginose per lo Stato, per il Coni e per i compilatori delle schedine vincenti, il Totocalcio. A partire dal concorso del 21 gennaio 1951 alla schedina fu aggiunta la tredicesima partita. Nella stagione 1953-54, prima vincita superiore ai 100 milioni. Nel 1978, il primo miliardo. Nel novembre 1993, con un 13 e cinque 12, la vincita superò i 5 miliardi. Poi, altri concorsi: più soldi, meno fascino.

Augusto Frasca (Il Tempo)

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