Nell’assolato agosto, tra calura e zanzare, davanti a una piccola panetteria con quattro tavolini e un ombrellone, lontani dal centro, dalle sirene dello shopping e delle carovane di turisti frettolosi ecco che risuonano due violini. Ma non sono due artisti di strada quelli che si esibiscono. Il professore del Conservatorio riconoscerà un pezzo di Bela Bartok: ma qui non siamo alla Scala, siamo in periferia a quattro salti dal triste boschetto di Rogoredo, zona Corvetto, zona della mala.
Che succede? Il piccolo borgo di Chiaravalle è silente nel digestivo pomeriggio eppure i due musici temerari al volino (Francesco Caputo e Monica Vacatello) dopo Bartok annunciano il Duetto n.1 di Bartolomeo Campagnoli, autore di fine Settecento- inizio Ottocento, del tutto sconosciuto ai milanesi del centro e della periferia.
Succede (e il merito va al Municipio 5) nella piazzetta del borgo di Chiaravalle, che per tre appuntamenti ha provato ad ospitare in questa caldissima estate “la classica” nei piccolissimi giardini affacciati sulle rogge intorno alla Abazia e nell’unico baretto aperto.
Chiaravalle è un dormitorio schiacciato tra Rogoredo Rozzano e san Donato: c’è un piccolo alberghetto che sembra un boutique e un centro per minori non accompagnati gestito dai fratelli di san Francesco; nel borgo all’ombra della celebre Abazia convivono fianco a fianco lussuosi condomini in finto stile medievale e case popolari, cascine riadattate, case coloniche, e case di ringhiera. Giornalisti, scultori, intellettuali, monaci, architetti…una piccolissima Capalbio meneghina con 40 nuovi bambini e nessun asilo.
Il cronista si avvicina incuriosito, chiede ai musici il loro nome, quale lo scopo.. Il piccolo concerto di musica classica, insolito e prezioso, continua fino al tardo pomeriggio nel calore di agosto non mitigato dalle rogge e dai boschi di olmi che circondano il borgo. Ed ecco il miracolo.. è sabato pomeriggio, ma i rari passanti si avvicinano timidi e incuriositi … e restano ad ascoltare, ipnotizzati e ammaliati, il duo. Il pubblico si ingrossa.
E’ possibile allora esportare la classica fuori dai teatri? All’ora dell’aperitivo, e per giunta in un bar che offre tramezzini e birra? Gianfranco Messina, violinista, pianista e compositore giura di sì. E’ lui che ha organizzato l’esperimento musicale.
Nel bar, è la volta di un allievo di Luciano Berio e di Herbert von Karajan.. Nientepopodimeno che il pianista Andrea Bacchetti. Lui plana dai palcoscenici internazionali (ha suonato con i Solisti Veneti e al festival di Spoleto) al baretto con tramezzini, monta la sua tastiera portatile e suona Bach.
E’ la volta di un duetto con la violinista ucraina Tetyana Fedevych. Il cronista apprende. I pezzi eseguiti da Bacchetti e Fedevych insieme: Liebesleid di F.Kreisler, Maedchen Walzer di Gianfranco Messina e Méditation de Thaïs di J.Massenet.
Un diluvio di applausi: è il tramonto. Il bar deve chiudere, la fiaba per il momento finisce a Chiaravalle. Ma Messina è intenzionato a riproporre “ la classica” in tutti i parchetti dismessi e segreti che offre la periferia milanese.
Un piccolo ensemble degno del festival di Spoleto nel bar sotto casa è un avvenimento da registrare per i posteri. E per gli altri immobili Municipi di Milano che hanno tesori verdi da riempire di musica.