stato di diritto

. .Ma quale riforma della Giustizia …???

Attualità
In quella che dai fatti e dai media, che ne parlano, si può definire come la narrazione quotidiana, si nota che in uno straparlare -ahimè anche da parte di esponenti di primario rilievo della classe politica in carica- dell’idea di “democrazia” (senza conoscerne il reale significato tecnico della parola) assai poco si parla di “Libertà dell’Individuo” e, ancor meno, od in modo molto improprio, dello “Stato di Diritto” ad essa improntato, quale materiale esplicazione di un adeguato dettato costituzionale.
 Si nota infatti un certo grado di confusione in merito al semplice concetto che vien espresso dalla parola “democrazia”, che rappresenta solo una situazione oggettiva, in cui è la “maggioranza” dei cittadini di una nazione che determina la fattuale “sovranità popolare”; quale opposto di “dittatura”, nei cui fatti la maggioranza dei cittadini consente ad una sola persona, fisica o giuridica, di gestire la sovranità della loro nazione.
Ciò sta a significare che il mero termine politico di “democrazia” (cioè, soltanto una mera situazione oggettiva) non automaticamente implica la piena e contestuale coesistenza costituzionale, sia di un garantito principio della “Libertà dell’Individuo”, che di un autenticamente funzionante “Stato di Diritto”, consono a garantire tale principio.
Retaggio tutto italiano di una cultura politica di impronta “dossettiana”, d’estrazione marxista, c’è chi parla nel nostro Paese di “esercizio della democrazia”, quale forma di governo evoluta da un percorso rivoluzionario, mentre in realtà essendo la “democrazia” una semplice condizione, o c’è, o non c’è, ma non si “esercita”. Mentre invece va esercitata la piena materializzazione dello “Stato di Diritto” in un sistema istituzionale di governo che si basi sulla piena libertà individuale del cittadino.
 L’esempio più eclatante di tale stato confusionale nella corrente narrazione dei fatti politici oggi in Italia è quello concernete la cosiddetta “Riforma della Giustizia”, per dotare il nostro Paese di un efficiente ed equo sistema giudiziario.
Ma come si può, con reale onestà intellettuale, solo parlare di tale rilevantissima tematica politica nella contestuale mantenuta presenza di un “obbrobrio tipico di uno Stato totalitario”, nella nostra Carta costituzionale, qual è la “obbligatorietà dell’azione penale” in un fattualmente traslato contesto della procedura penale oggi ancora in vigore, sancito dal “Codice Rocco” … che reca la firma di Mussolini …!
Un obbrobrio giuridico che ne ha generato un altro in Italia e che consiste nell’arbitrario utilizzo della “carcerazione cautelare”, solo su decisione di un semplice pubblico ufficiale, la cui unica credenziale è quella di aver vinto un concorso per entrare in magistratura!
Oggi, in Italia, vengono mediamente arrestate ogni giorno tre persone, che in un indefinito tempo successivo, precedente al debito svolgimento di un regolare processo, risulteranno del tutto innocenti, se non addirittura del tutto estranee ai fatti loro imputati. … Per non parlare, in aggiunta, pure delle spesso indegne condizioni umane della detenzione carceraria in Italia …!
In un materialmente -e non solo a parole- esistente “Stato di Diritto” deve vigere anzitutto l’antico principio del cosiddetto “Habeas Corpus”, vale a dire di una effettiva ed individuata esistenza di specifica motivazione, al fine di poter portare una persona davanti al giudice in un pubblico tribunale!
Un obbrobrio giuridico, che va congiunto a quello, in tutto italiano, della continuamente oggi riaffermata “indipendenza della magistratura”, che nulla ha nei principi del diritto a che vedere con l’“indipendenza -e cioè terzietà- del giudice” nel processo in un tribunale dello Stato!
La “magistratura” è infatti solo una categoria di pubblici funzionari, che, come tale, deve operare in un contesto organico e non autoreferenziale dei vari organi di uno Stato costituzionale, inteso quale una compiuta, libera democrazia occidentale. Non ha da essere -come oggi in Italia- una sorta di corporazione autonoma, residuato dello “Stato Corporativo”, qual fu la dittatura fascista.
È il singolo giudice che deve essere indipendente e terzo, non già l’insieme dei magistrati preposti alla amministrazione della giustizia, in una reale “libera democrazia occidentale”, dando in tal modo una materialità vera allo “Stato di Diritto” (nella piena e corretta accezione costituzionale di esso, quale qui sopra indicata).
È infatti solo e soltanto la piena applicazione dei principi dello “Stato di Diritto”, che sancisce i limiti della libertà individuale basata sul riconoscimento totale a tutti i singoli cittadini di eguali ed integrali diritti umani.
Parrebbe, dai resoconti delle perpetue risse tra vari esponenti politici, che siamo oggi in Italia ancora … anni luce distanti dalla realtà conoscitiva, di cui necessitiamo per risolvere i problemi realmente esistenti!
Infatti, mentre in uno stato totalitario la “Giustizia” è parte attiva dell’esercizio del potere politico e rappresenta fattualmente l’organizzazione funzionale dello “Stato”,  volta precipuamente allo scopo di “far rigar dritto i cittadini”, in un moderno, efficiente e costituzionale stato di diritto la “Giustizia” è un servizio reso dallo Stato al cittadino che paga le tasse e che deve a quest’ultimo garantire la terzietà (cioè l’indipendenza) del giudice in un procedimento giudiziario ove sia sempre garantita la condizione di effettiva parità tra accusa e difesa delle parti in causa e che si svolga in tempi utili alla materiale, definitiva ed equa risoluzione legale della controversia del caso.
Ebbene, nell’Italia dell’oggi e nell’insieme del pubblico dibattito quotidiano riportato dalla più parte dei media, è in essere, ormai da una trentina d’anni a questa parte, una sorta di guerra guerreggiata tra la “Politica” e la “Giustizia”, fatto unico nel panorama dei Paesi Occidentali. Sorta di guerra, ove per “Giustizia” si intende nei fatti specifici italiani solo una mera corrente politica (d’orientamento ispirato alla “sinistra massimalista”) della rappresentanza sindacale della “magistratura”, vale a dire la categoria lavorativa dei funzionari governativi preposti all’amministrazione del sistema giudiziario.
Un caso di sfrontata guerra per il controllo ultimo del potere politico nel Paese, da parte di una minoranza, che in termini propri di diritto pubblico costituzionale in una libera democrazia ha connotati di tipo eversivo, in quanto condotta nel presupposto succitato concetto dell’”indipendenza della magistratura”! Così in modo pretestuoso confusa con l’”indipendenza del giudice”, concetto proprio e basilare dello stato di diritto, che nulla ha a che fare con la “separazione dei poteri” sancita dal dettato costituzionale. Un erroneo concetto, pertanto, soltanto volto al perseguimento del “potere politico” per sé, in una concezione totalitaria dello Stato qual sorta di “Repubblica delle Procure Giudiziarie”, ove i cittadini sono ritenuti tutti quanti -ed a prescindere- dei delinquenti sino a prova contraria a loro onere!
Solamente un prevalente e diffuso substrato culturale informato ad una visione “statalista” dell’organizzazione complessiva delle pubbliche istituzioni articolate in strutture rimaste retaggio immutato dai tempi di uno stato centralista e totalitario può consentire che un simile obbrobrio giuridico possa correntemente aver luogo nell’acquiescenza generalizzata, senza accenni di rivolta popolare e venga accettato dall’opinione pubblica … come se facesse parte del dibattito tra partiti politici.
Antonio Belloni
(autore di: “L’”Italia” La Guerra! La Paura Un Futuro? https://youtu.be/eBg1tg1Bsls Edizioni Epigraphiae del pamphlet di attualità politica: “Che Estate! E mo, che facciamo?” https://youtu.be/AWDqW8X4Nh4) Edizioni BookSprint

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.