La notte più lunga della Repubblica Americana si apre con una lettera, una lettera di Joe Biden. Il presidente ci dice che non correrà per la rielezione. Ma è solo l’inizio e i giornali italiani paiono aver mancato alcuni punti vitali. Vediamo quali:
1. Joe non ci mette la faccia
Sì, è vero, il Presidente è in isolamento causa Covid. Ma non prendiamoci in giro: una lettera senza una immagino o un video è in sé un messaggio politico. “Mi avete costretto, ma sul golpe Kamala non ci metto la faccia. Scordatevelo”. La sua assenza è un messaggio più forte di qualsiasi peana in difesa di una vicepresidente che l’ha pugnalato all’ultimo miglio. Gli bastavano dieci giorni. Ma ogni Dongo inizia il 25 luglio, per cui non si poteva chiedere ad Uncle Joe di sorridere mentre contava le coltellate di Bruto davanti al Senato
2. “Per il partito e il Paese”
Anche l’ordine delle parole è un messaggio: Biden lascia prima per il bene del partito e solo dopo per quello del Paese. È una scelta lessicale infelice, ma certo non casuale. Il Patriarca segnala che, pure zoppo, ammalato e solo non dimentica chi lo ha abbandonato. Ci tiene che non lo dimentichiamo nemmeno noi. Viene da domandarsi se in questi ultimi sei mesi si dedicherà con lo stesso impegno ad assicurarsi che il golpe Kamala finisca per affondare sugli scogli della campagna elettorale.
3. Un gesto unico, un partito d’elite
Non era mai successo che un Presidente uscente in condizioni normali (il che esclude la situazione di Lindon Johnson) rinunciasse alla corsa per sondaggi molto brutti. Soprattutto dopo aver stravinto le primarie. Repubblica ci spiega che questo è perché i Democratici sono un vero partito, a differenza dei Repubblicani. Ma è una sciocchezza. I Democratici sono una oligarchia, a cui del voto dei militanti frega precisamente zero. Prima gli hanno dato in pasto un candidato evidentemente non in grado, poi gli hanno detto “Scusate, stavamo scherzando, adesso tiriamo fuori la candidata vera”. Certo, questo significa essere un vero partito. Ma non sicuramente essere democratici.
4. I sondaggi
The Hill, sulla base di 67 sondaggi, ci dice che Kamala è sotto di 2% a livello nazionale contro Trump, in un confronto diretto. In uno confronto a tre, con Kennedy jr, è sotto di 6%. Se il motivo del ritiro di Biden erano i sondaggi, perché scegliere lei? Se il motivo del ritiro era altro, perché dare la colpa ai sondaggi. L’impressione è che un leader stanco e sempre meno in grado di comandare abbia barattato gli ultimi sei mesi di potere con la concessione di non correre. Il problema è dare due succosi bersagli agli avversari repubblicani.
5. Trump
Non è passato molto prima che l’ex Presidente mettesse la candidata in pectore nel mirino, absit iniuria verbis. Repubblica ci dice che la teme. Sarà, per carità. Ma a me non sembra. A me sembra molto un 2016 con una candidata altrettanto impopolare. Vedremo. Di certo se scampi a una pallottola, le probabilità che una educata ex P; ti spaventi non paiono altissime, non trovate?
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,
La butto là. E’ evidente che i cari Dem giochino a perdere e non vogliano andare alla presidenza, lasciando a Trump l’onere di gestire i prossimi 4 anni di guerra … atomica.