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Uno sparo per cambiare la storia

Esteri

Le facili ironie sull’arma del cecchino che ha diretto uno sparo contro Trump sono già iniziate. De Feo, su Repubblica per dirne una. Oggi, non dovendo predire la caduta dell’Ucraina, ha deciso di rivolgere le sue attentissime analisi altrove. Gliene siamo debitamente grati, ma è evidente che il collega ha, come spesso gli accade, mancato il bersaglio. Facendo peggio del cecchino, che almeno l’ha sfiorato. Le armi in questa storia non c’entrano nulla. Crooks, il fallito assassino, aveva tre bombe in macchina. Con il suo AR ha fatto due morti. Se avesse usato quelle, saremmo nelle decine.

In ogni caso, il tema è un altro. Il tema è che dopo il colpo Trump si è rialzato, ha levato il pugno in alto e ha dimostrato che non lo fermano nemmeno sparandogli contro. E questo, cari lettori, chiude il match con Biden. Che, con questo attentato, non c’entra nulla, ma rischia di esserne la principale vittima politica. Perché, è vero, Trump ha anagraficamente solo quattro anni in meno. Ma la forza che ha mostrato, la moderazione nei toni dei comunicati successivi (“Dobbiamo unirci” “Solo Dio mi ha salvato”) hanno mostrato inequivocabilmente che nell’animo The Donald non ha più di 40 anni.

La Russa, Presidente del Senato, ha fatto il paragone con la statuetta che colpì Berlusconi. Non è un paragone errato. E va ad onore del Presidente di Palazzo Madama non essere andato fino in fondo nella questione. Noi però abbiamo un diverso impegno verso la verità. Quel giorno, in quella convalescenza, in quella vulnerabilità il Presidente Berlusconi iniziò la sua personale traversata nel deserto. Terminata solo nel 2022. The Donald, invece, è nella sua Domenica delle Palme. Le porte della Gerusalemme politica, la Presidenza della Repubblica, spalancate davanti a lui.

Al momento, gli unici accusati sono i Servizi Segreti. Alcuni Repubblicani affermano che sarebbe stato negato un aumento della sicurezza per l’ex Presidente. I Servizi negano. Capiremo nelle prossime settimane cosa sia andato storto. Il fatto che, finora, non sia stata lanciata nessuna accusa diretta a Biden da parte di Trump dimostra ancora di più la sicurezza dell’uomo.

È, comunque, incredibile come un solo mese possa imprimere una svolta così decisiva a una campagna che sembrava essere destinata a uno scontro nell’urna all’ultimo voto. Ad oggi, se non siamo a 400 voti di grandi elettori per Trump, siamo comunque ben sopra i 269 necessari a vincere. Insomma, a questo punto per Biden la partita si fa particolarmente impervia. E per chiunque dovesse essere chiamato a sostituirlo anche peggio. Se fossimo cinici, e non lo siamo, diremmo che il colpo che ha mancato Trump ha preso in pieno Biden. Ci limiteremo a osservare come uno sparo possa fare la storia.

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