In via Padova, al posto dei bagni pubblici di via Esterle, dovrebbe sorgere una Moschea di 500 mq. Da liberale questa non mi parrebbe una gran notizia, ognuno deve poter pregare il Dio che ritiene opportuno dove ritiene opportuno, seppur con delle dovute cautele. Ci sono però alcuni dettagli, da sempre domicilio del Diavolo, che secondo me varrebbe la pena chiarire. Dichiara al Giorno il presidente del Consiglio direttivo della Casa della Cultura musulmana, Mahmoud Asfa:
“Abbiamo subito avviato una valutazione per decidere se ristrutturare l’immobile oppure se demolire e ricostruire. La valutazione tecnica è stata affidata a due studi di architettura. Alla fine abbiamo deciso per la seconda soluzione: demolire e ricostruire“. Perché la ristrutturazione è stata esclusa? “Sarebbe costata molto e gli attuali spazi degli ex bagni pubblici di via Esterle non sono adeguati per il luogo di culto che abbiamo in mente: la moschea dev’essere in direzione della Mecca, invece l’attuale immobile non lo consente”.
Il passaggio successivo era ottenere dal Comune il via libera per l’opzione demolizione-ricostruzione. “Ne abbiamo parlato con la vicesindaco Anna Scavuzzo, che sta seguendo per il Comune il dossier moschea. E abbiamo concordato che l’opzione della demolizione e ricostruzione va bene, perché è prevista nel bando che abbiamo vinto”.
Ricapitoliamo: il Comune fa un bando su una struttura (peraltro occupata abusivamente fino allo scorso agosto). Lo vince la Casa della Cultura Musulmana. La struttura viene concessa per 30 anni. È prassi normale, nulla di straordinario. Con un piccolissimo problema: passato il tempo si deve rifare il bando. È normale anche questo. Ma chi vorrà prendersi una moschea, a quel punto? Soprattutto col rischio di dover demolire e ricostruire, con annesse polemiche? Siamo sicuri sia una buona idea?
Ma allarghiamo il discorso. Cosa se ne fa di una moschea il Comune di Milano? Non intendo la città, alla città un luogo di culto legale è sicuramente utile. No, intendo proprio l’entità giuridica del Comune. Perché le numerose Chiese Cristiane (solitamente Evangeliche, ma non solo) presenti in zona hanno tutte regolari contratti di affitto e prezzi di mercato e la Comunità Islamica può costruirsene una a seguito di bando su terreni demaniali? Certo, al bando potevano partecipare anche loro, si dirà. Ma anche così, qualcuno avrebbe vinto e qualcuno non avrebbe invece potuto usufruire di questa facoltà. Il problema, politico, mi pare permanga.
Il bando sarà sicuramente stato fatto a regola d’arte, ma la domanda politica e non giuridica resta di attualità: è nell’interesse della comunità? Intendo l’intera comunità, non solo quella Islamica. Peraltro con un surplus di ipocrisia che trovo mortificante: sì alla moschea, ma no al minareto. Come se l’assenza del richiamo alla preghiera del Muezzin, o comunque la torre dalla quale andrebbe fatto, cambiasse qualcosa.
In sostanza, qualora si dovessero trovare 1000 metri quadri di parcheggio, peraltro del tutto necessari se questa sarà LA moschea di Milano, il Comune diverrà il felice proprietario di una Moschea. Cosa se ne farà, finiti i 30 anni di bando resta un mistero.

Giornalista pubblicista, opera da molti anni nel settore della compliance aziendale, del marketing e della comunicazione.