Sala nella sua magnanimità ha pensato a tutti o così sembra. E Milano domani al ritorno alla vita o quasi è disegnata più o meno razionalmente da segnaletiche che indicano le strade ciclabili, i percorsi ridotti per le auto e via discorrendo per i bus che schivano i cantieri segnalati ma non operosi lungo il tragitto. Per chi va in bici, la città è sua con la facoltà di dettar le leggi di precedenza e se una ciclabile finisce nel nulla per distrazione, il ciclista smadonnerà un po’, ma poi si adeguerà. Avete mai visto un rider pedalare in una pista ciclabile? I milanesi si sono attrezzati a comprare biciclette personali, con un servizio pubblico che andrà e vedremo come andrà, con capienza ridotta per il distanziamento. Ma se hai voglia di volare, abito impeccabile da travet con le code della giacca al vento, arrivano in modo massiccio 3500 monopattini che possono sfrecciare a 50 all’ora. Il monopattino è l’ebrezza e la libertà almeno fino a quando c’è il sole. Regole scritte ancora non ci sono, che io sappia e potranno sfidare il vento come vogliono. Un discorso a parte per i dehors che non hanno limiti: si allungano, si allargano in modo creativo perché l’economia giustamente deve ripartire. E allora tavoli qua, tavolini là, alberelli per distanziare ed ecco la Milano della Fase 2. Il pedone meglio che prosegua al sicuro la quarantena in casa. Dove va la mamma con la carrozzina, l’anziano malfermo, l’ipovedente, il disabile ecc. in questo mondo lussureggiante di movimento, tavolini sparsi, segnaletica e chi più ne ha più ne metta?
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano