Si narra che, mentre stava assistendo all’elezione del nuovo vescovo della città, si fece notare per le sue qualità oratorie che riuscirono a dirimere le tensioni nate tra cattolici e ariani, che speravano nella nomina di Aussenzio. Ambrogio conquistò tutti con il suo discorso e dal popolo, secondo molti dalla voce di un bambino, si levò un grido: «Ambrogio vescovo!». Sentendosi impreparato, rifiutò l’incarico, ma i milanesi si appellarono all’imperatore Flavio Valentiniano e, alla fine, lui si vide costretto ad accettare l’incarico. Il 7 dicembre del 374 venne nominato vescovo: è da allora che, ogni anno, si festeggia il santo patrono di Milano. Morì il 4 aprile del 397, e sarà nella basilica che porta il suo nome. La Chiesa lo ricorda tra i quattro Dottori della Chiesa d’Occidente con san Girolamo, sant’Agostino e san Gregorio I papa.
I milanesi festeggiano il santo con un giorno di vacanza: i più religiosi partecipano alla Messa che si tiene nella basilica, gli altri — per tradizione — visitano la Fiera degli Oh Bej! Oh Bej!, tra caldarroste, vin brûlé e banchi dedicati a presepi e addobbi natalizi. Sant’Ambrogio è considerato il protettore delle api e degli apicoltori. Perché? Ancora neonato, mentre dormiva in una culla nel cortile di casa, uno sciame di api si posò sul suo viso ed entrando nella sua bocca, senza fargli male. Le leggende parlano anche dei tentativi del Diavolo di farlo cadere in tentazione: Satana provò a trafiggere il santo con le corna, ma finì per incastrarsi in una colonna che ancora oggi si trova fuori dalla Basilica di sant’Ambrogio (quella con due fori, nella parte bassa). Si narra che avvicinandosi ai due buchi, si riesca a percepire l’odore di zolfo e a sentire i rumori del ribollire dello Stige, il fiume infernale. Per tradizione, poi, l’arcivescovo rivolge un discorso alla città. I milanesi doc, lo sanno, «senza la neve a Sant’Ambrogio, l’inverno sarà mogio».
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