L’onnipotenza è il peccato originale dei leader

Attualità

Scrive Matteo Renzi nella e-news agli iscritti al Pd. “Oggi si volta pagina e si inizia a costruire il futuro. Non esiste una comunità senza un leader. Ma non esiste neanche un leader senza comunità. Ci sono centinaia di migliaia di persone che non si rassegnano al governo giallo-verde. E sono persone che sono abituate a rischiare, a dare una mano, a impegnarsi. Queste sono le persone che mi hanno dato i loro voti alle primarie e il loro affetto quotidiano”, conclude. Persone fideisticamente legate spesso ad una ideologia con nostalgia, sempre con lo sguardo rivolto a un passato di idee forti rivoluzionarie. Persone della terra e delle fabbriche, confuse e disilluse, pronte ad affidarsi a quel leader che sapesse  immaginare a parole un cammino nuovo, ma sempre rivoluzionario. Renzi, l’attore magistrale di questo sogno, ha interpretato con furbizia e sapienza oratoria il vuoto di una pochade che si è arrestata e scontrata con la realtà. E la miseria dei compromessi nascosti, del detto e non detto, delle promesse buttate al macero, hanno segnato la disfatta di un falso Napoleone. Ma è innegabile che il carisma, fittizio quanto si vuole, è rimasto. E nella palude sbiadita di uomini più o meno piccoli all’interno del PD, di fronte al molliccio Martina, all’incolore Gentiloni, il suo approccio è di un uomo che sa vincere. Da questa sicurezza si passa facilmente al delirio di onnipotenza, soprattutto nei momenti di debolezza.

E’ il peccato originale dei leader che dimenticano il senso della misura.

Anche Salvini è un leader. Giovane baldanzoso, ruspante. Ha un eloquio immediato, quasi elementare. Si compiace di essere popolo tra popolo, si considera il miglior interprete dei bisogni di un’Italia piegata e sofferente, decide con l’impulso, si affida ai social per essere tranchant. Sostenuto dal vento dei sondaggi, la sua ascesa sembra inarrestabile. Dio non voglia che sia inebriato dal senso di onnipotenza

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