Milano 7 Agosto – Siamo tutti uguali davanti a Dio, ma Beppe Sala, uomo modesto se mai ve ne fu, non punta così in alto. E riconosce che, in effetti, alcune differenze, davanti al Comune di Milano esistono. Per questo esistono locali più storici di altri. Per questo le leggi sulla concorrenza ad alcuni, selezionatissimi casi, non si estendono. Per esempio, il Camparino non dovrà andare in gara come tutti (o quasi) gli altri locali della galleria. Esiste una ragione legale per questo: è un locale storico. Solo che la vicenda, se fosse così semplice, finirebbe così: il Camparino è storico, non va in gara e la chiudiamo qua. Se essere un locale che qualifica la Galleria, senza il quale l’intera area verrebbe impoverita, garantisce di poter saltare la gara, allora dovremmo aspettarci che gli sia rinnovata la concessione. Così, semplicemente. Invece no. Sorpresa. Intanto partiamo dalle parole dell’assessore al Demanio Tasca, per cui si sarebbe trattato di una trattativa complessa. Ah sì? Beh, in effetti, non è andata del tutto liscia la cosa. In primis perché, di fatto, la concessione non sarà rinnovata ai due gestori, i proprietari della Caffè Miani, quelli che siamo abituati a vedere dietro il bancone. Sarà rilevata dalla Campari, dalla Davide Campari-Milano, per la precisione. Interessante. E fra dodici anni i mobili diventeranno del Comune. E, attenzione, il locale aprirà sette su sette, aumenterà il personale e, dalle parole di Miani, lui e sua moglie avranno sempre meno peso nella gestione. Quindi, possiamo tranquillamente dire che, anche viste le promesse di “rilancio”, del Campari resteranno l’insegna, per dodici anni i mobili, e basta.
Questa situazione può essere ricostruita in due modi: Sala e la giunta hanno salvato un locale storico con centordici compromessi, oppure, ma non voglio certo dire che sia la mia opinione, che Sala, aggirando l’obbligo di gara, ha regalato il Campari alla Campari, senza far loro rischiare una gara che avrebbe potuto far andare quel marchio alla concorrenza. Che, magari, avrebbe potuto offrire, putacaso, apertura sette su sette, nuovi investimenti, aumenti di personale e magari una cogestione limitata alla famiglia Miani. E tra dodici anni i mobili al Comune. Putacaso eh. Magari per l’intera operazione il Comune ci avrebbe pure potuto guadagnare. Certo, dobbiamo essere onesti, avrebbe anche potuto perderci. Ed alla giunta non piacciono le sorprese. Abbiamo visto lo stesso copione sul Bosco della Droga , con Maran che si augurava che vincesse Italia Nostra in una gara in cui, oltre ad Italia Nostra, difficilmente qualcuno avrebbe partecipato, visti i rischi e le complessità. Non aveva, quindi, alcun senso metterci il carico. Se non il fatto, ormai patologico, di non volere sorprese.
Quindi, sia come sia, il Campari ritornerà Campari, senza gara, senza alea e senza nemmeno le vestigia dell’uguaglianza sostanziale che la gara avrebbe garantito. Poi, da liberale, io non credo nell’uguaglianza sostanziale, nelle gare e nel Comune come agenzia immobiliare. Ma di sicuro, a rischio di sbagliarmi, io sento puzza di ipocrisia.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,