Milano 5 Maggio – L’arredo urbano attiene soprattutto alla cultura, ad una visione della bellezza che è conoscenza del luogo, dell’architettura presente, della storia locale e, naturalmente, delle nuove tecnologie. Arredo urbano è rispetto per il sapore e l’atmosfera di uno spazio che vive di memoria, di tradizione. Ristrutturare una strada, una piazza, un angolo è “sentire” l’esistente e adattarsi con creatività e tecnologie che non sviliscano la bellezza dell’insieme. Il prof Maurizio Vogliazzo, docente del Politecnico osserva “L’arredo urbano corretto deve rafforzare l’identità di un luogo, rispettare ciò che connota quel luogo, suscitare e rinnovare un rapporto affettivo” Per dire che sovrapporre soluzioni stonate è creare indeterminatezza e, spesso, degrado anche culturale. Perché la centralità è sempre l’uomo e la sua storia e ciò che ha saputo costruire. Ma l’attuale Giunta dell’arredo urbano, nelle rare volte che ha voluto innovare spazi o utilizzare mezzi nuovi di illuminazione, ha dimostrato ignoranza e pressapochismo. Scrive Urbanfile “In questi ultimi anni sono stati fatti interventi da parte del Comune riguardo all’arredo urbano della città. Corso Buenos Aires, Via Paolo Sarpi, la Darsena, Piazzale Oberdan (Porta Venezia), Largo Bellintani (Lazzaretto) e piazza Missori…Ma la questione è la qualità dell’intervento e la sua vera innovazione….L’arredo urbano ha senza alcun dubbio una parte importante nell’impressione che si ha di un luogo e di una città, a Milano questo pare sempre secondario,
marginale.
Anzitutto la mancanza dell’uso dei lampioni, oggetti molto identificativi e d’impatto, è dimostrazione di come chi progetta per il Comune non contempli un utilizzo mirato e gradevole dell’oggetto in questione.
Fino alla fine del 1800 l’arredo urbano non esisteva, si costruivano i palazzi, le chiese, si piazzavano le fontane ma il contorno era terra battuta o, nel caso di Milano, la rizzata (ciottoli di fiume levigati e stesi affiancati da ricoprire grandi superfici).
Ad esempio la “Darsena: negli anni 1910-1915,
la pavimentazione del marciapiede presentava piccoli ciottoli di fiume La diffusione di questo genere di pavimentazione si diffuse in particolare a Milano a partire dal Settecento e venne per la prima volta utilizzato per la decorazione dei sagrati di chiese o luoghi importanti come palazzi o pubblici uffici (Piazza di Palazzo Reale o Piazza del Duomo). Nell’800 la rizzata venne adottata per la realizzazione delle strade dei centri cittadini ed era progettata in maniera molto particolare: al centro era solcata da due strisce parallele di granito che consentivano a carrozze e carretti di transitare sull’area della carreggiata senza sobbalzi, causando così anche meno rumore.
I ciottoli provenivano in prevalenza dal Ticino e dall’Adda e venivano infissi direttamente nel terreno con l’utilizzo di leganti quali il cemento o più anticamente la sabbia a secco.
Poi arrivò l’illuminazione a olio (1840-45) che necessitava supporti che divennero da subito i lampioni cittadini, in seguito sostituiti dai lampioni elettrici (1884). Perciò sin da subito si ricorse a dei lampioni che fossero anche belli da vedersi.
Fino agli anni Trenta l’arredo urbano aveva un certo criterio, aiuole tutte uguali, lampioni simili, anche nelle strade secondarie, edicole e panchine ben disposte e belle a vedersi. Poi la Guerra, i disastri e le ricostruzioni hanno iniziato a segnare il gusto per il bello. Si preferiva ricostruire velocemente piuttosto che creare luoghi belli a vedersi. Seguirono l’arrivo delle automobili che necessitavano di spazi, marciapiedi più piccoli: via le piante dai corsi (Buenos Aires o viale Monza), via i ruderi delle mura spagnole (piazzale Aquileia o piazzale Antonio Baiamonti) e via i vecchi lampioni.
Oggi i lampioni storici superstiti sono pochi, sostituiti da orrendi pali moderni… Per la Darsena, argomento che tra gli appassionati ha sin da subito suscitato perplessità.. Non convincono i mattoni usati per i muri, spesso paragonati a quelli usati per i supermercati (Esselunga), non convince il verde usato come colore per il ponte e
i chioschi, ma soprattutto non ha mai convinto l’aspetto estetico del mercato coperto, troppo banale e senza idee.
Dov’è la città del design nelle nostre strade? A quanto pare il design non esiste.
A Londra, a Parigi, a Barcellona si ha sempre più la sensazione che l’amministrazione comunale abbia un’attenzione particolare all’arredo urbano. A Londra ogni angolo ha la stessa importanza e facilmente si riescono a trovare piazzette create da piccoli incroci dove i pedoni sono al centro del luogo, panchine, aiuole e persino fontane sono sempre elemento centrale per far si che la gente possa goderne. Stessa cosa la si percepisce a Parigi, dove ovunque tu vada sai di essere nella Ville Lumiere. Barcellona e Madrid sono trattate allo stesso modo.
Qui a Milano no, spesso capita di entrare in una piazza resa graziosa da un arredo urbano e ci si accorge che questo è stato fatto solo da una parte (si veda Piazza Piemonte). Insomma, zuccherini dati per far star buone le persone e illudersi di avere arredo urbano.
Qui ci vuole un abbecedario e applicarlo da ora sino al futuro. Lampioni uguali e belli, così come i pali. Eliminare tutti i tipi di archetto dissuasore e istallare solo le parigine. Aiuole dove sia possibile, così come le alberature delle vie. Insomma vogliamo una città più attraente.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano