Milano 12 Gennaio – Durante il week end è andato in scena a Milano, ed anche a Parigi, l’Islam moderato, folle di migliaia di persone hanno manifestato contro non si sa chi e che cosa. Nel capoluogo lombardo, sabato pomeriggio, ha manifestato la sinistra, accompagnata da alcuni membri delle varie associazioni islamiche, Emergency, Acli ed altre sigle catto-comuniste che trovano nell’incontrollata immigrazione una fonte inesauribile di guadagno. Tra il solito ritornello di “Bella ciao”, bandiere rosse e arcobaleno, ecco spuntare qualche bandiera della “Palestina”, stato, quest’ultimo, noto per la libertà di stampa che vige all’interno del suo territorio, soprattutto a Gaza, e fiero di questo riconoscimento, ieri, il suo massimo rappresentate, Abu Mazen, grande fomentatore di odio razziale e colluso col terrorismo islamico, ha sfilato a Parigi. Giusto per rinfrescare le idee, in materia di libertà di stampa in “Palestina”, vale la pena ricordard le parole del fotoreporter inglese Mark Seager, unico testimone di una fatto “di pace” avvenuto in “Palestina” il 12 Ottobre 2000:”
“Ero arrivato a Ramallah alle 10:30 e stavo andando in taxi verso Nablus, dove doveva tenersi un funerale che volevo fotografare, quando all’improvviso vidi una folla di palestinesi urlare e correre verso la stazione di polizia. Scesi dal taxi per vedere che cosa stava succedendo e vidi che stavano trascinando qualcosa dietro a loro. Nel giro di pochi secondi il gruppo giunse di fronte a me e, con mio orrore, vidi che era un corpo, un uomo trascinato per i piedi. La parte inferiore del corpo era in fiamme e la parte superiore era stata colpita da proiettili ed era stata pestata così furiosamente che era come polpa rossa, come gelatina rossa. Ho pensato che fosse un soldato perché potevo vedere quel che rimaneva dei calzoni kaki e degli stivali“.
“Mio Dio, ho pensato, hanno ucciso quest’uomo. Era morto, doveva essere morto, ma stavano ancora pestandolo, come ossessi, calciando la sua testa. Erano come bestie. Tutto si svolgeva a pochi metri da me, potevo vedere tutto. Istintivamente, presi la macchina fotografica e stavo sistemando l’inquadratura quando sono stato colpito in faccia da un palestinese. Un altro palestinese mi puntò minacciosamente un dito verso di me ed urlò “no foto, no foto!” mentre un altro mi colpì di nuovo in faccia dicendomi “dammi il rullino!” Cercai di tirare fuori il rullino ma più persone mi stavano strattonando ed uno di loro mi strappò la macchina fotografica di mano e la scaraventò per terra. Sapevo che avevo perso l’occasione di fare una foto che mi avrebbe reso famoso, e avevo anche perso il mio obiettivo preferito che avevo usato in tante parti del mondo, ma non mi importava. Iniziavo a temere per la mia vita. Nello stesso momento, l’uomo che sembrava un soldato continuava ad essere massacrato e la folla diventava sempre più esaltata, gridando “Allah Akhbar” . Stavano trascinando il corpo del soldato come fa il gatto che gioca con un topo. E’ stata la cosa più orribile che io abbia mai visto, e io sono stato in posti come Congo, Kosovo. In Kosovo, ho visto dei serbi picchiare un albanese, ma non era così. C’era così tanto odio, un odio così profondo e tanta rabbia che distorceva le facce dei palestinesi. Improvvisamente mi resi conto che stavano iniziando a rivolgere verso di me lo stesso odio che avevano verso il soldato prima di trascinarlo fuori dalla stazione di polizia ed ucciderlo. In qualche modo mi liberai dalla loro presa ed iniziai a correre via, senza ben sapere dove stessi andando. Non ho visto l’altro uomo ucciso, quello che hanno filmato mentre veniva buttato fuori dalla finestra. Pensavo di conoscere ormai bene i palestinesi. Avevo fatto sei viaggi già quest’anno in Cisgiordania ed ero andato a Ramallah ogni giorno negli ultimi 16 giorni. Pensavo fossero persone gentili ed ospitali. So che non sono tutti così, ed io sono una persona che perdona, ma non dimenticherò mai più quello che ho visto“.
“E’ stato omicidio nel modo più barbaro concepibile. Quando ci penso, rivedo la testa di quell’uomo, fatta a pezzi, so che avrò incubi per il resto della mia vita. Quella notte,quando rientrai a Gerusalemme, scoprii che ero stato l’unico fotografo presente, e la gente continuava a chiedermi se avevo le foto, dicendomi che mi avrebbero reso celebre. Fui così scioccato dall’esperienza che per la prima sera non chiamai la mia ragazza che era a casa a Londra, incinta di 5 mesi con il nostro primo figlio. Naturalmente lei era preoccupata, perché aveva visto quello che era successo in televisione e sapeva che ero a Ramallah e che non avevo chiamato. Era sconvolta anche lei, e quando le parlai il giorno dopo mi chiese se avevo visto. Le risposi semplicemente “sì”, ma non riuscivo a parlarne. Successivamente, ho sentito dettagli ancora più raccapriccianti, come il fatto che la moglie del soldato lo aveva chiamato al cellulare per sentire se stava bene e le hanno risposto dicendo che lo stavano uccidendo. Da quello che ho visto, posso credere che abbiano fatto una cosa del genere. Amo questo paese, e la cosa che desidererei sopra ogni altra è vedere israeliani e palestinesi condividere un narghilè, ma dopo l’odio che ho visto negli ultimi giorni, non penso che questo avverrà nel corso della mia vita. Non ho scattato la foto che mi avrebbe reso famoso, ma almeno sono vivo per vedere la nascita di mio figlio“
La nostra TV di stato censuro’ la notizia ed inviò il seguente messaggio ai palestinesi: “Chiarimenti speciali dal rappresentante italiano della rete televisiva ufficiale italiana. Miei cari amici di Palestina, ci congratuliamo con voi e crediamo che sia nostro compito mettervi al corrente degli eventi che hanno avuto luogo a Ramallah il 12 ottobre. Una delle reti private italiane, nostra concorrente, e non la rete televisiva ufficiale italiana RAI, ha ripreso gli eventi; quella rete ha filmato gli eventi. In seguito la televisione israeliana ha mandato in onda le immagini così come erano state riprese dalla rete italiana e in questo modo l’impressione del pubblico è stata che noi, cioè la RAI, avessimo filmato quelle immagini. Desideriamo sottolineare che le cose non sono andate in questo modo perché noi rispettiamo sempre e continueremo a rispettare le procedure giornalistiche dell’Autorità Palestinese per il lavoro giornalistico in Palestina e siamo attendibili per il nostro lavoro accurato. Vi ringraziamo per la vostra fiducia e potete stare certi che questo non è il nostro modo d’agire (ossia nel senso che non lavoriamo come le altre reti televisive). Non facciamo e non faremo cose del genere. Vi preghiamo di accettare i nostri migliori auguri. Riccardo Cristiano Rappresentante della rete ufficiale italiana in Palestina”.
A Milano, durante la manifestazione di sabato, l’unica cosa condivisibile e stata la solidarietà alla redazione del Charlie Hebdo, per il resto è andata in onda la solita sterile retorica pacifinta, la solita farsa pro-islam dove nessuno né tra i rappresentanti islamici, tantomeno tra i rappresentanti della politica, ha avuto il coraggio di condannare apertamente il fondamentalismo islamico, nessuna parola sui quattro cittadini ebrei francesi uccisi dal terrorista islamico all’Hyper Casher di Parigi, nessuna menzione in merito alle circa 2000 vittime nigeriane prodotte dagli attentati della formazione terroristica islamica Boko Haram. Ma come? Gli islamici non sono in maggioranza moderati? Ed allora che è successo? A queste domande c’è la risposta: non esiste un islam moderato ed un islam radicale, esiste l’islam e basta. Non è una mia affermazione, è quella di Erdogan, presidente della Turchia, quello che imprigiona i giornalisti non allineati con la sua linea di pensiero, quello che permette i matrimoni tra adulti e minorenni, quello che finanzia i Fratelli Musulmani e l’isis, lo stesso che l’Europa ci indica come “moderato”.
A dimostrazione che non esistono queste suddivisioni nell’islam, frutto solo di oniriche visioni se non da onanismi mentali, ci hanno pensato i vari, semplici cittadini islamici che risiedono in Italia, intervistati da una giornalista della Rai a Roma venerdì prima della preghiera in moschea (il servizio è andato in onda sabato su Rai News) i quali non hanno avuto parole di condanna in merito ai fatti parigini e, ciliegina sulla torta, Ait Mhand Hakim, cittadino marocchino residente in italia da 12 anni, operaio, sposato, con una bimba di 12 anni, calciatore della Stiense, piccola squadra della provincia di Rovigo, insomma un immigrato islamico perfettamente integrato (come direbbe la sinistra prostituita).Ecco le parole di Hakim, intrise di solidarietà e di pace, in merito ai fatti di Parigi:” Quello che è accaduto non mi piace perché è durato poco. Quello dell’11 settembre era più bello. 12 sono pochi, poi neanche una foto con il sangue”.Che belle parole! Islamicamente piene di pace e fratellanza: non trovate?
Io continuo a vedere solo sterile, irresponsabile, pericolosa ipocrisia e null’altro.
Impiegato presso una nota multinazionale americana, ha avuto varie esperienze di dirigenza sia in campo professionale che in campo politico.
Scrive per Milanopost ed altre testate, soffermandosi soprattutto su Israele, Medio Oriente, Africa sahariana e subsahariana. Giornalista Freelance scrive più per passione che per professione.