Verso le comunali di giugno: al test M5S e dem in affanno

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Il 10 si vota per 800 amministrazioni. Gli esperti: centrodestra favorito. Tra le principali Catania, Pisa e Brescia.  Siena e Pomezia spine per i grillini

Milano 8 Maggio –  Se dovesse diventare realtà la proposta del leader M5S Luigi Di Maio di rivotare per le politiche ai primi di luglio, in Italia si toccherebbe il record di sette (7) votazioni in quattro mesi. Già perché dopo le elezioni (e le regionali di Lazio e Lombardia) del 4 marzo si sono già svolte le regionali del Molise (22 aprile) e quelle del Friuli (29 aprile), mentre il 13 maggio è previsto il ballottaggio delle comunali di Udine (e di altri centri minori) in attesa delle comunali del10 giugno che riguardano quasi 800 comuni e due grandi circoscrizioni a Roma e gli eventuali ballottaggi del 24 giugno.

Elezioni che hanno aggiunto e aggiungeranno stress ad un sistema politico nazionale già nevrotico di suo. Le comunali di giugno infatti saranno un test abbastanza significativo innanzitutto perché riguardano alcuni grandi città e parzialmente anche la Capitale ma anche perché andranno a verificare la qualità e la credibilità amministrativa dei dirigenti locali dei partiti.

Secondo gli addetti ai lavori il centrodestra parte avvantaggiato per un motivo molto semplice: dei 20 comuni capoluogo al voto il 10 giugno ben 16 sono guidati da sindaci di centrosinistra. Poiché nelle ultime tornate di elezioni comunali gli elettori hanno scelto in una percentuale elevatissima di casi di cambiare colore della loro amministrazione locale appare scontato che il Pd sia destinato a perdere un certo numero di raccoforti. La tendenza, tuttavia, non è scontata. Basta vedere quanto successo domenica scorsa a Udine, in Friuli, dove si è votato per le comunali assieme alle regionali. Ebbene alle regionali il centrodestra ha stravinto ma al ballottaggio del Comune il candidato forzista dovrà vedersela con quello del pd che parte da un rispettabile 36%. Fuori dai giochi l’M5S fermo all’8%.

PUNTI CRITICI

Proprio il caso dei pentastellati di Udine fa balzare agli occhi l’affanno con il quale il partito di Di Maio sta per affrontare la prossima tornata amministrativa. Udine resterà un caso isolato? I punti critici del fronte grillino sono parecchi. A Roma si vota in due circoscrizioni (valgono da sole 300.000 votanti) i cui presidenti M5S si sono dimessi ed è evidente che qui l’esito del voto sarà legato al giudizio sull’amministrazione Raggi. Non solo, scricchiolii si avvertono anche a Ragusa, Siena, Pisa e Pomezia. In Sicilia l’unico sindaco M5S di un capoluogo coinvolto in questa tornata, Federico Piccitto, ha deciso di non ripresentarsi. A Siena non ci sarà lista M5S. A Pisa c’è stato uno scontro durissimo fra due gruppi locali risolto dall’intervento nazionale. A Pomezia, che non è capoluogo ma ha 63.000 abitanti, c’è poi un caso ancor più clamoroso per cui il sindaco uscente M5S, Fabio Fucci, si presenta con una lista civica perché uscito dal Movimento.

Ma se Sparta piange, Atene non ride. Il centrosinistra ha avuto parecchi problemi a definire i candidati a Pisa, a Barletta e in altre città, ma spera di mantenere l’amministrazione dei centri più grandi come Catania, Brescia e Ancona dove non ci sono state troppe discussioni. Nelle circoscrizioni di Roma i candidati di centrosinistra sono stati eletti con primarie che hanno premiato i candidati non ufficiali del Pd. Anche nel centrodestra non so- no mancate le tensioni. A Teramo, fra i pochissimi comuni capoluogo non Pd, il candidato sindaco della coalizione, Giandonato Morra, esponente di Fratelli d’Italia è stato scelto dopo interminabili litigi e ad Imperia l’ex ministro forzista Claudio Scajola si presenta per proprio conto contro il candidato del centrodestra. Morale: per i conti finali sarà inevitabile aspettare i ballottaggi del 24 giugno.

Diodato Pirone (Il Messaggero)

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