La riunione di ieri a Palazzo Marino, la prima dopo la pausa estiva, avrebbe dovuto chiarire la posizione del Partito Democratico sulla vendita di San Siro. Invece ha certificato la debolezza politica del sindaco Beppe Sala. Assente il primo cittadino, è toccato alla vicesindaca Scavuzzo illustrare ai consiglieri i termini dell’accordo con Milan e Inter. Ma, a una settimana dall’ipotetico voto in Consiglio, il sì del Pd ancora non c’è.
Un segnale pesantissimo: il partito di maggioranza relativa non trova motivi politici per sostenere un’operazione che appare sempre più azzardata, se non la minaccia di far cadere anzitempo la consiliatura.
I tre punti critici
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Lo “sconto” mascherato – Il Comune parteciperà alle spese di bonifiche, demolizioni e opere pubbliche fino a 36 milioni di euro. Una decurtazione che porta il prezzo finale a scendere sotto la soglia minima fissata dall’Agenzia delle Entrate. Rischio concreto: un danno erariale da 37 milioni, che ricadrebbe interamente su chi voterà a favore, ossia una ventina di consiglieri più la Giunta.
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Quartiere dimenticato – Oltre a un parco di 52 mila metri quadri di “verde profondo”, non c’è altro. Nessuna certezza su servizi, infrastrutture, sviluppo economico e sociale. Politicamente, una promessa di prato non può reggere il confronto con le attese del quartiere e della città.
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Maggioranza spaccata – Il consigliere Alessandro Giungi ha ribadito la sua netta contrarietà, rafforzata dopo l’incontro. E non è il solo: almeno altri cinque consiglieri di maggioranza restano contrari. Convintamente favorevoli restano solo Italia Viva e Azione, mentre il Pd prende tempo e mostra la propria fragilità interna.
Il silenzio che fa rumore
Sala tace. Non c’era alla riunione, non ha speso una parola chiara in questi giorni. Ma questo silenzio non è segno di equilibrio: è il presagio di una tempesta politica. Perché l’operazione stadio, così come è stata costruita, oggi appare più come un regalo alle squadre che come un progetto per Milano.
La verità è che il sindaco, che per anni ha fatto della gestione manageriale e della capacità negoziale il suo marchio di fabbrica, si trova con una maggioranza divisa, un partito in stand-by e un’operazione urbanistica che rischia di costargli carissima sul piano politico e istituzionale.
Al voto manca poco. Eppure, l’impressione è che la partita Sala l’abbia già persa.

Giornalista pubblicista, opera da molti anni nel settore della compliance aziendale, del marketing e della comunicazione.
Anche qui la magistratura dovrebbe indagare seriamente, speriamo si dia una svegliata