L’articolo di ieri su Repubblica Milano parla dell’ultima trovata tecnologica: l’uso dell’intelligenza artificiale per scovare chi utilizza lo smartphone alla guida (Ia MULTE). L’assessore alla sicurezza di Milano, prendendo spunto dall’esperienza australiana, ha proposto l’introduzione di un “radar” che, grazie all’AI, potrebbe identificare i trasgressori e inviare segnalazioni alle autorità competenti. Si vede in questa misura una soluzione per migliorare la sicurezza stradale. Ma a quale prezzo? E soprattutto, è davvero questa la direzione che vogliamo prendere?
Viene descritta l’AI come una risorsa utile per aumentare il controllo, ma è proprio questo che dovremmo chiederle? O dovremmo invece concentrarci su come la tecnologia potrebbe risolvere i problemi alla radice? Ridurre gli incidenti è fondamentale, ma l’AI non dovrebbe essere usata solo per multare o punire, bensì per rendere le città più vivibili, eliminando il traffico, riducendo l’inquinamento e migliorando la qualità della vita di chi le abita.
Usare l’AI solo per la repressione non è una visione lungimirante. Invece di focalizzarci su sanzioni, sarebbe più utile adottare misure che stimolino un cambiamento reale, come il potenziamento del trasporto pubblico intelligente e soluzioni che riducano la dipendenza dall’auto privata. Milano sta già puntando su un’economia circolare e sulla mobilità sostenibile, con iniziative che vanno dall’energia rinnovabile alla promozione di reti ciclabili (seppur spesso discutibili). Ecco dove l’AI può fare la differenza, non nelle sanzioni, ma nel coordinamento e ottimizzazione di questi sforzi.
Dobbiamo utilizzare le nuove possibilità della tecnologia per affrontare le vere sfide urbane: smaltire il traffico, abbattere le emissioni e rendere la vita in città più serena e sostenibile. L’intelligenza artificiale deve essere uno strumento per migliorare la qualità della vita, non per amplificare il controllo.
Carmelo Ferraro
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