Una grande festa di popolo di tutte le ‘piccole’ società sportive è quella che si è vista ieri in piazza del Duomo a Milano in occasione del “CSI Day: 80 anni di società sportive che hanno fatto la storia”. Un’opportunità per accendere i riflettori sul servizio educativo delle 630 società sportive affiliate al Centro Sportivo Italiano che da anni accompagnano generazioni di atlete e di atleti a crescere come donne e uomini.
Realtà attive in tante comunità e in tanti oratori che “non sono solo società sportive – spiega Massimo Achini, presidente del Csi Milano – ma agenzie educative delle quali l’Italia intera dovrebbe essere orgogliosa”.
Nel “villaggio sportivo”, grazie anche al supporto dei 200 volontari presenti, migliaia di ragazzi hanno potuto provare ogni tipo di sport: calcio, basket, pallavolo, baseball, scherma, ginnastica, arrampicata, atletica, bocce e persino il golf e il tiro alla fune con i campioni europei provenienti dalla Valtellina.
Ma lo sport è anche inclusione e sulla piazza più iconica della città si sono esibiti e sfidati le giovanili e la Nazionale Italiana Volley Sordi, le squadre di sitting volley, delle bocce e calcio integrati, gli atleti della scherma olimpica, paralimpica e non vedenti e il basket in carrozzina.
Due giganti dello sport italiano, presenti ieri ai festeggiamenti, hanno voluto raccontare gli inizi della loro avventura sportiva, sottolineando l’importanza che nella loro crescita hanno avuto gli oratori.
La leggenda del basket italiano Dino Meneghin, ospite della festa in piazza Duomo per gli 80 anni del CSI, sfoglia l’album dei ricordi per evidenziare quanto l’oratorio sia stato importante nella sua crescita umana e professionale.
“Il mondo dell’oratorio è stato decisivo per la mia carriera. Io provengo da un piccolo paese, Alano del Piave ha 1.500 abitanti. Lì il punto di ritrovo era l’oratorio, anche e soprattutto dopo la scuola. Quando poi nel 1958 ci siamo trasferiti a Varese c’era un oratorio straordinario, ben organizzato, con tanti impianti di alto livello. Io, mio fratello e i nostri amici andavamo sempre lì a passare il tempo. Ci ha abituato a stare insieme, a socializzare, a divertirsi, ma tutto con naturalezza, con molta semplicità. L’avere iniziato proprio dall’oratorio, secondo me, mi ha dato un’impronta molto importante, mi ha insegnato a come comportarsi con gli altri, come stare al mondo”.
“Io sono cresciuto all’oratorio, all’oratorio di Settala. Quando Don Narciso non ce lo apriva noi scavalcavamo e andavamo dentro a giocare”.
É il ricordo dell’ex capitano della Nazionale Italiana e dell’Inter, Giuseppe Bergomi, delle sue prime esperienze su un campo da calcio, durante la festa in Piazza Duomo a Milano per gli 80 anni del CSI.
“Si giocava alla tedesca – aggiunge Bergomi – l’ha raccontato anche Frattesi l’altro giorno dopo il gol con l’Italia. Era bellissimo giocare in oratorio. Conosco l’importanza dell’oratorio, dei valori che trasmette e della crescita. É una scuola di vita. Poi se lo abbini anche alla fede, è un valore in più. Perché il mio amico Gianluca Vialli diceva sempre che il talento da solo non basta. Se ci metti anche l’educazione di lasciare lo spogliatoio pulito, di mettere a posto le cose, di farti bene la borsa, che non è talento, allora fai un passo in più. L’oratorio è tutto questo. Lo spirito è questo. Complimenti a tutti quelli che lo tengono sempre vivo. Conosco l’importanza della base che ci sta dietro”.
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