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“MUNCH. Il grido interiore”, a Milano una retrospettiva dal 14 settembre 2024

Cultura e spettacolo

Precursore dell’Espressionismo, uno dei più grandi esponenti simbolisti dell’Ottocento, segnato da grandi dolori nel corso della sua vita, Munch arrivò fin quasi alla follia. L’animo inciso profondamente dalla perdita prematura del padre e della sorella, poi anche la morte della madre, senza avere serenità neppure dal rapporto con Tulla Larsen, la sua fidanzata.
Un’angoscia che viene trasfusa in quel che Munch ha raffigurato donando a tutti una visione di dolore universale. Riuscì a farlo filtrando quel che vide non solo con gli occhi, ma con la sua anima travagliata, immagini di persone, paesaggi, natura passate per il setaccio dell’inquietudine e del tormento.

MUNCH. Il grido interiore: particolari sulla retrospettiva milanese

La mostra programmata a Palazzo Reale di Milano è curata da Patricia G. Berman, una delle più grandi studiose al mondo di Munch. Con la Berman, per gli aspetti più connessi al mondo italiano, ai soggiorni di Munch in Italia e per l’influenza rinascimentale sul pittore, collabora anche Costantino D’Orazio, storico dell’arte romano e direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria.

La retrospettiva racconterà tutto l’universo dell’artista, il suo percorso umano e la sua produzione, e lo farà attraverso 100 opere, tra queste una delle versioni litografiche custodite a Oslo de L’Urlo (1895), ma anche La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922–19249), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900–1901) e Danza sulla spiaggia (1904).

Oltre alle 100 opere chi visiterà la mostra potrà osservare anche stampe e disegni compreso materiale più raro a vedersi come taccuini, film amatoriali girati dallo stesso Munch. Rifacendosi al periodo italiano, un foglio di taccuino dove il pittore tracciò uno schizzo dell’Autoritratto di Raffaello degli Uffizi, poi una veduta del Ponte di Rialto a Venezia o il dipinto che raffigura la tomba di Peter Andreas, zio di Munch, sepolto nel Cimitero Acattolico di Roma accanto alla Piramide Cestia.

I visitatori potranno approfittare anche di un ricco palinsesto di eventi che coinvolgerà diverse realtà culturali della città e che andrà ad approfondire la figura dell’artista esprimendo i temi delle sue opere nell’esplorazione di diversi linguaggi, dal cinema all’architettura, dalla musica alla letteratura e molto altro.
Il programma sarà pubblicato prossimamente sui canali di comunicazioni dei partner coinvolti.

Per Arthemisia questa realizzazione segna una tappa importante, il quarto di secolo di attività. Iole Siena, presidente dell’organismo, l’ha detto con forza e chiarezza, “È il nostro giubileo“. Ha poi raccontato anche la futura stagione espositiva romana nei saloni di Palazzo Bonaparte: a settembre una splendida monografica su Botero; nel 2025, dopo la mostra di Munch che si sposterà proprio a Roma dal 18 febbraio al 2 giugno, seguirà una grande rassegna sull’Antico Egitto, evento che avrà un partner d’eccellenza, il Museo Egizio di Torino.

Il dolore universale dipinto da Edvard Munch

Edvard Munch
Edvard Munch – foto scattata da Anders Beer WilseMuseo norvegese di storia culturale

Nato il 12 dicembre 1863 a Løten (nell’antico Norreno Lautvin) che si trova nella regione dell’Østlandet-Contea di Innlandet in Norvegia, Edvard Munch iniziò poi un corso di pittura con Middelthun, Christian Krogh e Léon Bonnat. Poi andò avanti da solo imparando autonomamente e acquisendo esperienze iniziando dalla ritrattistica, dai dipinti naturalistici, studiando e ritraendo la vita spirituale dei soggetti.

La particolare tecnica di Munch, così essenziale, fu fortemente contrastata, basti ricordare una sua mostra a Berlino nel 1892 che fu fatta chiudere il giorno dopo l’inaugurazione. L’artista era molto apprezzato dal maestro e naturalista norvegese Per Lasson Krohg che era rimasto incantato dal suo dipinto “Malinconia” e da lì la fama iniziò a premiarlo. Ecco quindi l’invito appunto a Berlino, da parte dell’intellettuale Adelsteen Normann, per esibirsi nella metropoli tedesca. Ma la città era già teatro della lotta fra artisti tradizionalisti e quelli più attenti agli influssi francesi e naturalistici.
L’apertura della personale di Munch non fece altro che inasprire il clima tra i contendenti tanto da spingere la Künstlerverein (Associazione artistica) a fare chiudere subito la mostra personale del norvegese. La cosa ebbe grande risonanza sulla stampa che scrisse della vicenda come Der Fall Munch-L’affare Munch.

Però il segno artistico e lo stimolo di Munch era rimasto nelle menti. Le opere dell’artista originario di Løten primeggiavano, tanto che questa vicenda berlinese provocò la reazione e la protesta di 130 artisti. Questi erano guidati da Max Liebermann, artista tedesco di famiglia ebraica, attratto dall’Impressionismo e dal Realismo che aveva ben approfondito a Parigi. Così, per sostenere Munch, questi artisti si misero insieme creando la “Secession“.

L’Urlo

L’elemento simbolico stava crescendo nell’espressione pittorica di Munch fino a prevalere, tanto che i concetti e gli stati d’animo come l’amore, la morte o la passione e le inquietudini che popolavano il suo animo furono punti cardine e di ispirazione per i suoi dipinti come La vitaIl bacioLa gelosiaL’angosciaIl vampiroIl gridoLa MadonnaLe ceneri e altri.
Stati d’animo impressi con forza sulla tela e con la stessa energia trasmessi a chi osservava -e oggi osserva- quei dipinti.
Carattere che rese popolare Munch e che lo ha fissato per sempre come un genio della pittura, grande comunicatore delle emozioni attraverso forme e colori, ombre e luce.

“Una sera camminavo lungo un viottolo in collina nei pressi di Kristiania – con due compagni. Era il periodo in cui la vita aveva ridotto a brandelli la mia anima. Il sole calava – si era immerso fiammeggiando sotto l’orizzonte. Sembrava una spada infuocata di sangue che tagliava la volta celeste. Il cielo era di sangue – sezionato in strisce di fuoco – le pareti rocciose infondevano un blu profondo al fiordo – scolorandolo in azzurro freddo, giallo e rosso – Esplodeva il rosso sanguinante – lungo il sentiero e il corrimano – mentre i miei amici assumevano un pallore luminescente – ho avvertito un grande urlo ho udito, realmente, un grande urlo – i colori della natura – mandavano in pezzi le sue linee – le linee e i colori risuonavano vibrando – queste oscillazioni della vita non solo costringevano i miei occhi a oscillare ma imprimevano altrettante oscillazioni alle orecchie – perché io realmente ho udito quell’urlo – e poi ho dipinto il quadro L’urlo.”

Queste le parole di Edvard Munch quando descrisse la circostanza e i sentimenti che stavano dietro alla realizzazione de L’Urlo (1893), uno dei dipinti più emblematici dell’arte moderna nonché piena rappresentazione dell’angoscia umana.

Una vita dilaniata quella dell’artista norvegese, poi dipendente dall’alcol e preda di una crisi psicologica, tanto che tra il 1908 e il 1909 fu ricoverato in case di cura.
Scelse infine di isolarsi nella sua proprietà di Ekely a Oslo dove rimase fino alla sua morte nel 1944: aveva compiuto ottant’anni da appena trenta giorni.

MUNCH. Il grido interiore – info

Esposizione a Palazzo Reale di Milano
Piazza del Duomo, 12
dal 14 settembre 2024 al 26 gennaio 2025

(Il Grifone, l’Artiglio, la Penna e la Forchetta)

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