Riconoscere, capire e combattere la manipolazione e l’abuso
La violenza contro le donne è una piaga oscura che infesta la nostra società, un mostro che si nasconde nelle ombre dell’intimità distorta, nelle pieghe di relazioni apparentemente normali. È un flagello che devasta la dignità, l’autonomia e l’integrità delle donne, lasciando cicatrici profonde non solo sulla pelle, ma sull’anima.
Il primo passo per proteggersi è riconoscere i segnali di una relazione tossica. Un uomo che vede la donna come un oggetto di sua proprietà spesso inizia il suo percorso di manipolazione con comportamenti apparentemente innocui, che possono sembrare segni di “attenzione”. Tuttavia, presto questi comportamenti si trasformano in possesso, gelosia ossessiva e controllo.Vuole sapere sempre dove sei, con chi sei, cosa fai. La tua libertà personale viene limitata sotto la maschera dell'”amore e della preoccupazione”.Cerca di allontanarti da amici e famiglia, creando una dipendenza emotiva che ti rende vulnerabile e isolata.
Purtroppo la violenza sulle donnenon lascia sempre segni visibili: la violenza psicologica è un tiranno silenzioso, un manipolatore occulto che opera nell’ombra, distruggendo la psiche e l’autostima. Questo tipo di violenza è altrettanto devastante quanto quella fisica e merita uguale attenzione e intervento.L’aggressore manipola le tue emozioni per farti sentire colpevole, inadeguata o folle, usa le tue paure e insicurezze contro di te.Ti fa dubitare della tua memoria o percezione della realtà, portandoti a mettere in discussione te stessa e la tua sanità mentale.Usa minacce, silenzi punitivi, o espressioni di disprezzo per mantenerti in uno stato di costante ansia e paura.
Dobbiamo renderci conto che qualsiasi forma di violenza , anche il “minimo” atto aggressivo, è un campanello d’allarme inconfondibile.
Una volta riconosciuti questi segnali, è fondamentale agire. Nessuna donna dovrebbe sentirsi sola in questa battaglia. Cercare sostegno da amici, famiglia o professionisti. Rompere il silenzio è il primo passo per liberarsi. Informarsi sui diritti e sulle risorse disponibili è fondamentale. Conoscere le leggi e i centri di aiuto può fare la differenza.
In situazioni di pericolo, avere un piano di sicurezza è essenziale. Questo può includere un luogo sicuro dove andare o persone di fiducia da contattare.
Siamo tutti responsabili: la lotta contro la violenza, sia fisica che psicologica, necessita di un impegno collettivo. La società deve essere educata a riconoscere e condannare ogni forma di violenza, promuovendo valori di rispetto e uguaglianza. Ognuno di noi ha un ruolo nel costruire un mondo più sicuro per le donne, soprattutto siamo noi donne e madri ad avere la maggiore responsabilità. In un mondo che evolve verso una maggiore comprensione del rispetto reciproco e dei confini personali educare i giovani ad accettare un “no” è più di un insegnamento: è un dono di saggezza, una guida per vivere con integrità e rispetto. È un passo verso la creazione di una società più giusta e comprensiva, dove ogni individuo si sente ascoltato, valorizzato e rispettato.
Un “no” è più di una semplice negazione; è un’affermazione di autonomia, un confine sacro che merita rispetto incondizionato. La capacità di accettare un rifiuto con grazia nasce da un cuore empatico – condividendo storie e esperienze, possiamo coltivare nei giovani la capacità di mettersi nei panni dell’altro – comprendendo che ogni persona ha il diritto di esprimere la propria volontà senza pressioni o timori. Accettare un “no” è una lezione di vita che va oltre il contesto di genere. È una competenza sociale fondamentale che prepara i giovani ad affrontare il mondo reale, dove non tutto va come si desidera, ma dove ogni esperienza contribuisce alla crescita personale.

Giornalista, autrice e conduttrice tv ha prodotto per quasi un decennio un noto programma televisivo sull’arte e la cultura in Sicilia, Profile Magazine tv.
Scrive per diverse testate ed è stata Direttore Responsabile di CulturaIdentità.
Oggi è Coordinatore Nazionale e responsabile della comunicazione dell’Unione Nazionale Vittime(UNAVI).