Riporta il Fatto Quotidiano: “Non sono bastate le proteste dei cittadini né quelle dell’attore Giovanni Storti del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, per salvare i tigli di piazzale Baiamonti a Milano. Gli alberi secolari sono stati abbattuti all’alba di giovedì 12 ottobre per fare spazio all’area del cantiere dove sorgerà il nuovo Museo Nazionale della Resistenza.
Nel tentativo di fermare le ruspe che si avvicinavano per abbattere i tigli, Giovanni Storti si è persino arrampicato sulla recinzione del cantiere. Tuttavia, nonostante le proteste veementi di Storti e di un gruppo di cittadini, l’abbattimento delle piante è proseguito senza sosta.”
Commenta l’avvenimento Franco Vassallo, Responsabile per le politiche abitative e decentramento del coordinamento cittadino di Milano di NOI MODERATI:
“Questo Sindaco, membro (ancora? Chi lo sa) dei Verdi Europei col verde di Milano è, perlomeno, alquanto complesso. Lo si è visto in precedenza con gli alberi del Politecnico o con la disastrosa operazione di ForestaMi, in cui sono stati piantati migliaia di alberi alla vigilia di una delle siccità peggiori che Milano abbia dovuto affrontare. I risultati li potete immaginare da soli. In mezzo alcune mosse geniali, come affidare la manutenzione del verde ad MM. Il principale risultato di questa mossa? Parchi chiusi per un mese ad agosto, causa caduta rami e erba da savana per il resto dell’estate. Perché gli alberi si possono tagliare (ma non potarli, per evitare che rovinino al suolo), l’erba no.
Se siete confusi, non siete i soli. La netta impressione è che gli alberi servano in campagna elettorale e diventino un peso insopportabile dal giorno dopo. Sono stati usati come un’arma contro il centrodestra, mentre i compagni di Sala (non lui, che era city manager con Letizia Moratti) erano all’opposizione. E oggi non si sappia bene cosa farsene. Per cui, appena qualcuno chiede di tagliarli, la risposta è immediatamente un sì sollevato.
Prendo atto che il Consigliere Comunale Monguzzi si è indignato. Indignarsi, devo dire, gli viene molto bene. Mi pare, però, e non me ne voglia, che non serva poi a moltissimo. La soluzione? Piantare quello che si può seguire nella crescita, proteggere il verde comunale e lasciare al privato il resto. Una ricetta che talvolta porta a scelte dolorose, ma nel resto del tempo consente di vivere in una città ben tenuta. Il contrario della Milano di oggi, insomma”.

Giornalista pubblicista, opera da molti anni nel settore della compliance aziendale, del marketing e della comunicazione.