Se solo per il lettore immerso nel presente e senza prospettiva storica e filosofica, ignaro degli scritti di Nolte e Arendt, trova necessità in copertina specificare a cosa ci si riferisca con “male assoluto”, quindi menzionando espressamente l’Olocausto, per lui come per chi sa di cosa si sta parlando è una piacevole e profonda sorpresa scoprire come il libro di Mele non si esaurisca in una sterile e didascalica lista di 495 titoli e relativi autori e registi ma sia piuttosto la narrazione di come, anche grazie ed attraverso le pellicole, si sia evoluto il rapporto tra società e Male assoluto nell’arco degli ultimi quindici lustri.
Nel libro la filmografia diventa quindi spunto sì per raccontare del film soggetto, specificità, ed in qualche caso note sull’ambientazione, ma soprattutto per inquadrarlo rispetto alla narrazione sul Male assoluto, dando profondità all’inquadratura con numerosi e puntuali riferimenti storici, ambientali, di taglio politico e non, e con commenti personali rispetto ai quali Mele non si tira indietro.
La trasposizione del medesimo approccio, dalla Shoah a quei genocidi rispetto ai quali siamo stati in anni recenti e siamo oggi stesso testimoni diretti, aggiunge infine l’ultimo tassello che fa del libro di Mele una lettura assolutamente consigliata: lo stimolo a pensare come solo dalla consapevolezza, solo dalla nostra consapevolezza su quanto accaduto e continua ad accadere, può ed anzi deve emergere l’antidoto perché né Shoah né genocidi debbano ripetersi.
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