Il laghetto di Santo Stefano venne fatto scavare da Gian Galeazzo Visconti nel 1388 e si trovava nell’omonima via, oggi tra la Cà Granda e via Francesco Sforza.
La piccola darsena, che era nota anche come “Fossataccio”, serviva a scaricare i pesantissimi blocchi di marmo di Candoglia che arrivavano sulle chiatte, trainate da cavalli o buoi, lungo le acque del Naviglio Grande, del Naviglio Vallone, a partire dal 1439 e infine, appunto, lungo il tratto di Cerchia che divenne poi noto come Naviglio dell’Ospedale.
Il piccolo laghetto si trovava a poche centinaia di metri dal gigantesco cantiere del nuovo Duomo di Milano, che per cinque secoli venne costantemente e quotidianamente rifornito di marmo, per un totale di 325.000 tonnellate!
Quando le chiatte e barconi giungevano nella darsena, condotti dai comballi, a occuparsi di scaricare i marmi erano i “tencin del Laghett”, l’equivalente dei camalli di Genova. In pratica i portuali di Milano. I tencin non si occupavano solo di scaricare i marmi, ovviamente, ma anche tutte le altre merci che giungevano al laghetto; tra le principali merci che venivano scaricate vi era il carbone, enormi quantità di carbone, usate per riscaldarsi, per cucinare e per far andare le migliaia di opifici e laboratori artigianali della città.
I portuali che scaricavano i sacchi di carbone diventavano rapidamente sporchi e il loro corpo, il volto e i vestiti erano ricoperti da una patina nerastra, da cui il nome tencin.
“Tenc” in milanese significa infatti bruno, scuro, riferito proprio al colore della pelle. I tencin, quindi erano “gli scuri”.
Come vuole lo stereotipo, anche i portuali di Milano erano noti per l’amore per il vino, per il tono di voce sempre sopra le righe, per gli insulti e le bestemmie che urlavano tutto il tempo.
Quando scoppiò la grande Peste del 1630, la Peste Manzoniana, che uccise circa i 2/3 degli abitanti della città, molti dei tencin sopravvissero alla furia della malattia.
Il priore dei tencin, messere Bernardo Catoni, per ringraziare il Cielo del miracolo, fece realizzare un affresco sul muro esterno di una casa che si affacciava sul laghetto; l’affresco mostrava una grande Madonna Assunta con San Rocco con il cane, San Carlo Borromeo e San Sebastiano e delle vedute della Milano del Seicento, col Lazzaretto, il foppone di San Gregorio, il Redefossi e Porta Orientale. In basso a destra si scorgeva il volto del Catoni.
L’affresco, per proteggerlo, venne rinchiuso dentro una sorta di grande teca in legno, che veniva aperta solo il giorno dell’Assunta, Ferragosto, quando una grande festa veniva celebrata in tutto il quartiere di Santo Stefano.
I tencin, in quell’occasione, si pulivano faticosamente dalla polvere nera che li ricopriva, vestivano abiti delle festa, candidi e puliti, l’intero quartiere attorno al laghetto era addobbato con festoni di tessuti colorati e una lunga processione si dipanava per le strade del quartiere, giungendo infine alla chiesa di Santo Stefano dove veniva celebrata una messa.
Iniziavano poi i festeggiamenti, che duravano tutta notte, tra bevute e tuffi nel naviglio.
Per un cambio di pronuncia in milanese il termine tencin venne poi modificato in tencitt e anche l’affresco divenne noto come Madonna dei Tencitt.
La tradizionale festa venne celebrata scrupolosamente sino al 1857, quando il giovane medico Andrea Verga, direttore della Cà Granda, le cui finestre di un’ala si aprivano sulle nauseabonde acque del laghetto di Santo Stefano, non si mise in testa di far interrare la darsena.
Sfruttò una visita a Milano dell’Imperatore Francesco Giuseppe e “casualmente”, lo accompagnò proprio nell’ala prospiciente il laghetto e, aperte le finestre, fece entrare un puzzo terribile, proveniente dalle acque stagnanti e luride. Chiese poi all’Imperatore di far interrare quell’ormai inutile laghetto e il kaiser austriaco acconsentì prontamente.
Nell’estate del 1857 il laghetto venne così coperto, le spese anticipate dalla Cà Granda, con gran scandalo tra i milanesi, che tutto sommato apprezzavano la vista di quella piccola darsena carica di storia.
Già a settembre l’area era diventata un deposito per carrozze, i tencitt erano scomparsi, andati chissà dove a cercarsi un nuovo lavoro e la festa dell’Assunta cadde presto nell’oblio.
Solo a inizio del Novecento, monsignor Locatelli riuscì a far celebrare nuovamente la festa nel quartiere.
Al posto dei rumorosi tencitt, parteciparono in massa i verzeratt, cioè i mercanti del vicino Mercato del Verziere. Ma quando il Verziere venne spostato fuori da Porta Vittoria, anche i verzeratt sparirono dai dintorni di Santo Stefano. La feste venne così celebrata con sempre meno partecipazione, sino al 1929, quando la copertura della Cerchia dei Navigli diede la mazzata finale.
L’affresco della Madonna dei Tencitt continua a sopravvivere sul muro della casa di via Laghetto, protetta da una teca in vetro; il 18 luglio scorso l’affresco è stato staccato e portato al Policlinico di Milano, erede della Cà Granda, che si occuperà di pagare il restauro, ad opera dell’Accademia di Belle Arti di Brera; il restauro sarà eseguito al Castello Sforzesco e poi la Madonna dei Tencitt verrà esposta nello spazio di via Francesco Sforza 28, dove si trovano i “Tesori della Ca’ Granda”.
Una copia dell’originale sarà esposta sul muro della Cà dei Tencitt di via Laghetto al 2.
Nelle foto:
1 L’unica foto esistente del Laghetto di Santo Stefano.
2 La Madonna dei Tencitt in una foto dei primi del Novecento.
3 La Cà dei Tencitt in via Laghetto; l’affresco si trova sotto il timpano visibile sulla facciata di sinistra.
4 e 5 Due foto che mostrano il deposito di carrozze realizzato subito dopo la copertura della darsena; 1880 circa.
6 Una foto recente della Madonna dei Tencitt.
Milano Smarrita
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