Come sostituire il gas russo: la ricetta Eni

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Descalzi punta su Africa e produzione nazionale. E accelera sulla transizione

Un rapido stop al gas importato dalla Russia, la rifocalizzazione del business verso l’Africa, lo sviluppo di nuove fonti di energia e una cedola più alta che non sarà più semestrale, ma trimestrale. Queste le principali novità del piano industriale di Eni, che ieri ha illustrato la nuova strategia del gruppo al 2025 sulla base di un prezzo medio del Brent tra 70-80 dollari al barile, e un tasso di cambio dollaro/euro da 1,15 a 1,24.

In particolare sul fronte del gas, al centro delle necessità del Paese legato finora a doppio filo ai rifornimenti russi, Descalzi ha chiarito che «abbiamo trovato enormi quantità di gas da dirottare verso l’Italia, iniziamo gradualmente da subito in estate, il primo lotto sarà via tubo perché in Algeria e Libia possiamo aumentare la produzione dei progetti già avviati. Tramite pipeline possiamo coprire tra 9 e 11 miliardi di metri cubi annui. Abbiamo poi il Gnl (in Egitto) che devieremo verso l’Europa e per il 2023/24 avremo il Gnl del Congo (5 miliardi) e del Mozambico (2-3). Infine c’è l’aumento della produzione nazionale». Un conto che porta la quota in questione che interessa l’Italia a circa 19-20 miliardi di «mc» su un consumo nazionale di oltre 70 miliardi. «La guerra in Ucraina ha aggiunto Descalzi – ci sta costringendo a vedere il mondo in modo diverso da come lo conoscevamo. Si tratta di una tragedia umanitaria, che ha generato nuove minacce alla sicurezza energetica dobbiamo farvi fronte senza abbandonare le nostre ambizioni per una transizione energetica equa». In questa direzione si inserisce la spinta green del gruppo.

Il Cane a sei zampe ha infatti deciso di accelerare la corsa verso l’obiettivo zero emissioni nette di gas serra e, sulla scia della nuova società Plenitude – che integra rinnovabili, fornitura clienti e rete di ricarica per veicoli elettrici – prepara un’analoga operazione nella mobilità sostenibile. Una società ad hoc per biocarburanti, stazioni di servizio e ride sharing. A questo scopo è prevista una crescita della capacità (da 1 a 2 milioni di tonnellate annue entro il 2025), attraverso l’espansione dell’impianto di Venezia e la conversione di un’altra raffineria tradizionale; l’obiettivo di 6 milioni di tonnellate sarà raggiunto nel prossimo decennio. Per la materia prima è previsto lo sviluppo di una rete di agro-hub in molti Paesi in cui è presente l’upstream di Eni (Africa in primis), con l’obiettivo di coprire il 35% dell’approvvigionamento entro il 2025. Alla crescita green sarà dedicato il 30% di investimenti entro il 2025, il 60% entro il 2030 e fino all’80% al 2040.

Guardando ai numeri, la società forte di una generazione di cassa operativa da 14 miliardi alza per il 2022 la remunerazione per gli azionisti con il dividendo a 0,88 euro per azione e lancerà un programma di acquisto di azioni proprie da 1,1 miliardi, in aumento se il Brent andrà oltre i 90 dollari. La produzione di petrolio avrà il picco nel 2025 mentre per il gas sarà oltre il 90% dopo il 2040.

Sofia Fraschini (Il Giornale)

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