Nel dibattito sulla trasformazione di piazzale Loreto, secondo il progetto vincitore del concorso Reinventing Cities, interviene anche la storica rivista di architettura Domus che in un articolo online dell’architetto Alessandro Benetti, intitolato “Piazzale Loreto non esisterà più”, avanza alcune perplessità sulla concezione del masterplan sottolineando quello che l’autore definisce un “equivoco” riguardo all’idea di fondo della riqualificazione rispetto a quanto avvenuto per altri spazi urbani come Citylife. Secondo l’autore, “il progetto per la riqualificazione della grande piazza milanese è un precedente pericoloso di alienazione di un bene collettivo, risultato di una contrattazione tra pubblico e privato impostata su criteri non facilmente condivisibili”. Per Benetti, il concorso, “ha l’obiettivo dichiarato e prioritario di “restituire” Piazzale Loreto alla città, ripensandolo da infrastruttura a spazio pubblico vero e proprio, una trasformazione onerosa che vuole servirsi di risorse private, come sempre per Reinventing Cities. Non a caso, molti protagonisti della vicenda citano come precedenti di successo di LOC Piazza Gae Aulenti e Piazza Tre Torri, descritte come i risultati di una contrattazione virtuosa tra l’amministrazione comunale e i promotori delle due grandi operazioni immobiliari della Milano degli anni zero. Ed è a questo punto che si genera un equivoco non da poco. L’equivoco del concorso deriva da un applicazione esatta ma discutibile dei principi della perequazione, un termine che in urbanistica identifica, in sintesi, l’attribuzione al privato di diritti edificatori in cambio della cessione al pubblico di aree o servizi di interesse collettivo. In questo caso l’interesse collettivo è la riqualificazione del piazzale, che viene finanziata ampliando con una nuova torre il complesso per uffici all’angolo tra Via Porpora e Viale Abruzzi e, ciò che più interessa qui, aggiungendo volumetrie in prevalenza commerciali a quelle già esistenti nel mezzanino della metropolitana, che riemergono in superficie”. “Il risultato di questo secondo intervento – scrive Benetti – è paradossale: l’unità spaziale della piazza, cioè la sua stessa esistenza in quanto tale, è annullata dai volumi edilizi che la saturano e la frantumano in una molteplicità di superfici di statuto ambiguo. Lo spazio pubblico esiste ancora sul piano normativo e degli standard urbanistici, ma è annientato nella sua capacità di funzionare come tale. La necessità della manutenzione straordinaria di un bene pubblico si traduce nell’alienazione del bene stesso. La piazza in potenza è uccisa nella culla”. “Il progetto per Piazzale Loreto si muove, concettualmente, in una direzione opposta rispetto a tanti micro-interventi, tattici e permanenti, promossi con intelligenza e lungimiranza da questa amministrazione”, si legge ancora. “Il progetto per Piazzale Loreto, inoltre – tra i rilievi dell’autore -, rappresenta un precedente pericoloso. Se si realizzerà con queste modalità, prima ancora che con queste forme, cosa assicurerà che nei prossimi anni una simile operazione di saturazione e di frantumazione dello spazio aperto non si compia anche in altre piazze-svincolo situate sopra i mezzanini della metropolitana? Magari in Piazza Amendola? O in Piazza della Repubblica? L’elenco potrebbe continuare a lungo”. Infine, “Il caso del concorso per Piazzale Loreto, più di qualsiasi altra querelle urbanistica milanese degli ultimi anni, deve stimolare una riflessione seria sul ruolo della promozione immobiliare nella definizione della qualità degli spazi della città, sulle sue potenzialità e i suoi limiti, e sulla necessità di una regia pubblica che sappia schierarsi senza ambiguità a favore dell’interesse collettivo”. (mianews)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845