Giggino Di Maio innamorato di Robin Hood

Attualità

Sarà per quell’aria furba e invincibile stampata e fotocopiata in ogni occasione, ma lo scugnizzo in grigio con l’eloquio pronto e sicuro ha la capacità di ripetere all’infinito progetti, visioni politiche irrealizzabili come se fossero vere. L’istituzionalità dell’incarico ha l’allure del decisionismo, del potere, di tutto ciò che non si discute. Vive nella sua bolla di presunzione e di certezze gozzovigliando tra le parole populismo, povertà, lavoro quasi fossero palle da bigliardo con cui intende divertire il suo popolo incantato. La verità è che non ha mai conosciuto la vera fatica, l’impegno, la responsabilità ma ora è ministro del Lavoro. E tutti accorrono, pendono dalle sue labbra..e lui si sente un novello Robin Hood e ripete come fosse un mantra “Taglio di qua, taglio di là e arrivano i soldi per il reddito di cittadinanza del popolo”.

Il suo concetto di economia è elementare: spingere il Ministro Tria all’esasperazione, bisticciare con i tecnici dei ministeri preposti e, pur sapendo della necessità di tenere sotto controllo i conti pubblici, decidere che per il governo il rapporto tra deficit-pil al 2% non è più un tabù. “Siamo ben consapevoli – assicura il vicepremier grillino – degli equilibri finanziari e dei conti da tenere in ordine, ma non possiamo solo tenere in ordine i numeri dobbiamo prima soddisfare le esigenze dei cittadini.” Un modo “arrangiato” nello stile del grillino. Nicola Porro commenta sull’assistenzialismo inspiegabile ma voluto da Di Maio “La sintesi di tutta questa storia è che ci stiamo impiccando con un sussidio assistenziale, che sulla carta dovrebbe essere controllato da chi non riesce a controllare nulla. E che questo sussidio si mangerà gran parte delle poche risorse di cui dispone il bilancio pubblico.”

Non so se il M5S abbia raccontato tante frottole che sono poi pari ai voti ricevuti, ma l’inefficienza e l’impreparazione dei suoi ministri sono da ridere se non fosse che qui in Italia viviamo, e qui vivono anche i genovesi. Nel decreto per il ponte Morandi c’è ancora una parte mancante. E non sono dettagli o sbavature ma si tratta dei costi. Il testo non è stato ancora bollinato dalla Ragioneria dello Stato. Ed è sempre per questa stessa ragione che il Quirinale è ancora in attesa del provvedimento. Una cifra non esiste. Luigi Di Maio promette che arriverà, ma non si sa quando. Ancora annunci, proclami, assicurazioni, per nascondere il vero senso del reale.

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