Le periferie non sono stupide e snobbano il Pd

Milano

Milano e quel manto radical chic, vanto di Sala, Milano che si erge tra le città italiane per il suo continuare ad essere rossa, movimentista, privilegiata. Per quella puzzetta sotto il naso che la rende unica, smart, internazionale. E’ la Milano che Sala conosce bene, all’interno della cerchia dei Navigli, quella di una irrisolta Galleria, dopo la condanna del bando, quella dei salotti bene, quella dei Centri sociali che, insomma, devono pur vivere, quella con le luci della Darsena (unica opera fumo negli occhi), quella di porta Nuova..e basta. Sala conosce solo quella. Perché l’altra Milano pulsante, vera, viva appartiene alla parola, al fastidio, alla memoria, quando è opportuno.

E le periferie rispondono con il  loro menefreghismo o urlano le loro ragioni di sopravvivenza. Non esistono miti, vaghe promesse, progetti molto futuribili, piani di lavoro che sono il trionfo delle chiacchiere, ma esistono il pane, la casa, il lavoro. Fare la festa dell’Unità in periferia è un flop di gente e di interessi. Chiamare l’acchiappamosche Renzi è stato un fiasco, la Darsena era più frequentata senza le ubbie del Pd. E sono anni che lo sfacelo continua. La saga dei perdenti, del vento che continua a cambiare non incanta. La ruspa di Salvini è brutale e rozza, ma elimina le occasioni di un malessere diffuso che la sinistra non ha voluto capire. Le salamelle non sono più popolari

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