Quei radical chic che fanno opinione vogliono l’alleanza Pd-M5S

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Milano 19 Marzo – C’è la spinta degli intellettuali, degli ex girondini: in sintesi dei radical chic che fanno opinione e che, in un idem sentire, vogliono l’alleanza PD e M5S. Le parole dei direttivi, delle assemblee sono carta straccia se all’intellighenzia si unisce Veltroni, il padre nobile del partito. Un’alleanza apparentemente “responsabile”, ma che avrà la finalità di addomesticare e fagocitare i grillini. Osserva Giuseppe Aloisi su Il Giornale “I radical chic di sinistra? Vogliono che il Partito Democratico sostenga o faccia un governo con il MoVimento 5 Stelle. Il purismo ideologico sembra ormai un retaggio del passato.

Qualcosa da scrollarsi di dosso nel più breve tempo possibile. Con buona pace degli anni passati su Marx. Di questi tempi, è meglio scendere ai patti con quelli del “Vaffa” e dell’assistenzialismo. “Da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno il suo reddito di cittadinanza”, si potrebbe dire scimmiottando il padre della lotta al capitale.

L’elenco dei sostenitori della bontà di questo scenario è lungo: Zagrebelsky, Settis, Ignazi, Cacciari, Montanari, Flores d’Arcais, Pasquino, Maltese: l’intellighenzia spinge per l’accordo con l’universo della democrazia diretta. Rousseau, del resto, non è solo il nome dato alla piattaforma “decisionale” pentastellata, ma un riferimento filosofico e culturale sbandierato da sempre anche da una certa sinistra politologica.

L’ex sindaco di Venezia è stato chiaro: “Se il Pd sostiene i grillini non perderebbe consensi: basta vedere i flussi elettorali, gran parte dei voti persi dal Pd è andata proprio al Movimento 5 Stelle”. La paura di essere in qualche modo fagocitati elettoralmente da un abbraccio mortale con il grillismo, insomma, sarebbe infondata. Gli ha fatto eco Pietro Ignazi su Repubblica: “il M5S ha cambiato pelle, e i flussi di voto dimostrano come i due partiti hanno elettori affini”. Un dato in particolare, del resto, non deve essere sfuggito a questi intellettuali: il MoVimento 5 Stelle, secondo le analisi post-voto pubblicate, si è in qualche modo sovrapposto a quello che una volta era il Partito Comunista italiano. Almento in termini di stratigrafia elettorale.

Il direttore di Micromega, come riportato dall’Huffington Post, è convinto del fatto che, nel caso si andasse a votare di nuovo, il Pd scenderebbe al 10% dei consensi: una catastrofe che può essere evitata solo attraverso un accordo con quelli che hanno dato a Renzi dell’ “ebetino”. E poi c’è Montanari che ha dichiarato che “è perfettamente legittimo che il Pd decida di rigettare questa proposta, ma è davvero impossibile condividere le considerazioni di ordine politico, e addirittura morale, che vengono in queste ore avanzate per giustificare un simile diniego”. Come si fa, insomma, a non legarsi mani e piedi al partito che ha sottratto buona parte dei consensi al Partito Democratico?

Mentre Gianfranco Pasquino parla di “compatibilità programmatica”, Salvatore Settis sottolinea che:”Guardando i numeri di questo Parlamento, un esperimento di alleanza di questo tipo mi pare comunque preferibile a ogni altro”. Un chiaro no all’ipotesi di un governo istituzionale o di centrodestra, insomma. I radical chic nostrani rifuggono anche la possibilità di starsene, banalmente, all’opposizione. O di sostenere un governo, ma dall’esterno.

Gustavo Zagrebelsky ha dichiarato al Fatto Quotidiano che saranno necessari “tempi lunghi”. L’accordo con i grillini, in ogni caso, è considerato come l’unica via d’uscita all’impasse derivato dalla batosta elettorale. Lo stesso Eugenio Scalfari, del resto, prima di evidenziare la natura ironica delle sue dichiarazioni, aveva detto che Luigi Di Maio è “il grande partito della sinistra moderna”. I filosofi – diceva Karl Marx – non spuntano dal terreno come i funghi, ma sono il prodotto del loro tempo. Gli intellettuali della sinistra italiana, invece, sembrano ricollocarsi dopo i risultati delle urne. E le ipotesi – sempre Marx – si fanno soltanto in vista di qualche fine. Chissà se quello della sinistra radical chic è il mantenimento di una certa presa sulla società italiana.”

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