Quando la cronaca ci interroga. La vendetta e la pena

Cronaca

Milano 2 Febbraio – Premessa doverosa. L’omicidio premeditato è un reato. Grave. La vendetta non è una scusante, semmai un’aggravante. In questo pezzo non si giustificherà alcun assassino. Inoltre, nonostante il nostro storico garantismo, un delitto con un reo confesso può dare per scontata la colpa dell’assassino e concentrarsi su altro. Ultimo punto, qui non si chiede alcuna azione legislativa. Per quanto la giustizia Italiana faccia schifo, inoltre, qui il problema è un altro. Almeno in parte.

Riassunto della vicenda: a Vasto, Chieti, nella notte di un anno fa, circa, una donna viene falciata dalla Punto di un giovane che era passato col rosso. La donna muore, l’assassino, o presunto tale, a breve avrebbe avuto la prima udienza. In questi mesi nasce un clima di odio nei suoi confronti. Istigato dai parenti di lei, dice lui. Creato dal suo atteggiamento sconsiderato ed irrispettoso, dice l’avvocato del vedovo. In ogni caso c’è. E ieri porta il vedovo di cui sopra, armatosi, ad uccidere il giovane presunto assassino. Portare la pistola sulla tomba della moglie, chiamare un amico e costituirsi. Senza scappare, senza nascondersi, senza cercare scuse. La polizia l’ha arrestato ed ora è in galera. Numero totale di morti: due.

E da qui inizia l’analisi. Cos’ha di straordinario questo caso? Il fatto che parli a due parti ben distinte e distanti di noi. Una, quella civile, riconosce che cinque secoli di evoluzione del diritto penale non possano essere passati invano e non si accetti più alcuna vestigia dell’antico istituto della legge del taglione. E, contemporaneamente, una parte di noi sopravvissuta probabilmente per decine di millenni, in una forma o in un’altra, ci dice che quest’uomo potrà anche essere condannato dalle istituzioni odierne, ma non per omicidio. Il, suo, infatti, ci dice questa parte più antica, è stato un gesto rituale. E quindi, a logica, egli stava ubbidendo ad una diversa e più alta legge. Per cui è sì colpevole, naturalmente, ma di alto tradimento. Ha deciso di abbandonare questa civiltà, questo periodo storico e questo mondo per sottomettersi ad un giudizio più alto, immorale, scisso dal tempo. Anche nel diritto Romano esisteva un caso del genere, era riservato ai delitti più atroci, più gravi. Il condannato, diventava un homo sacer un uomo consacrato agli dei: poteva essere ucciso sul posto, ma non poteva essere usato come sacrificio rituale. Era sottoposto al giudizio divino, che poteva essere portato su di lui da chiunque, salvo che dai sacerdoti ritualmente. Ecco, questa parte più profonda di noi, che non dobbiamo assolutamente ascoltare, ci mancherebbe, ci dice che il vedovo è, oggi, totalmente al di sopra del nostro giudizio. Non vuol dire, nemmeno per questa parte antica e terribile, che non possa essere detenuto. Anzi, chi diventa sacro agli dei, essendo mostruoso per l’uomo, deve soffrire necessariamente. Ma una parte, piccola e residuale di noi, vorrebbe probabilmente che il vindice della morte dell’amata moglie, in un momento di generale distrazione, potesse scappare dalla cella e sparire per sempre. Di lui non si dovrebbe sapere più niente. Dovrebbe solo camminare fuori dalla storia. Con gli antichi dei, di cui volentieri abbiamo imparato a fare a meno, sostituiti dal perdono, dalla giustizia e dalla riabilitazione portati da Cristo. Eppure, come detto, una parte di noi vorrebbe che l’assassino diventasse uno con gli antichi dei. Per fortuna nessuno si distrarrà e lui verrà condannato. E, mi si lasci dire, per fortuna la stessa assurda legge che consentiva all’assassino della moglie di girare libero un anno dopo il delitto, gli consentirà di uscire da quella cella abbastanza presto. E tornare a portare fiori sulla tomba della giovane moglie.

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