Apologia del bagarino

Cultura e spettacolo

Milano 24 Gennaio – No, cari Pelù e compagni, al mondo della musica non servono altre leggi. Non servono altri vincoli, che i furbi comunque supereranno. Non servono muri, barriere ed altre porcherie che garantiscano il vostro guadagno ed escludano gli altri dalla torta. Serve, invece, come il pane serve, che diminuisca drasticamente il numero dei comunisti coi biglietti degli altri. Dopodomani, il 26 Gennaio, si terranno gli Stati Generali della musica al Franco Parenti. In Romanesco ci starebbe una bellissima esclamazione qui, ma lasciamo perdere. In quella prestigiosa sede, con quella prestigiosa gente, in mezzo a tanti soggetti che io vorrei tanto evitare di notte in vicoli bui si discuterà di come risolvere il grande problema del mondo della musica. Ovvero, come ovviare al fatto che, sbagliando costantemente il prezzo dei biglietti, finiscono per guadagnarci i bagarini. I nuovi untori. Oscuri e loschi figuri che, sfruttando l’idiozia e l’ideologia degli artisti, fanno soldi veri e pesanti sfruttando la stupidità e l’ideologia della cosiddetta filiera della musica. La storia va così: ad un certo punto nel mondo, perché il fenomeno è globale, si è alzata la protesta contro il costo dei biglietti. E siccome gli artisti, in ottima misura, sono di sinistra, questi l’hanno presa sul personale. Il resto del mondo musicale, con grande coraggio e professionalità, si è messo a belare con zelo dietro ai quattro pupazzi microfonati e gli è andata dietro. Ovviamente la cosa non poteva che andare beeeeeeehne. Si è così aperta un’era di prezzi calmierati, in maniera che tutti, ma proprio tutti, potessero vedere Miley Cyrus difendere la dignità della donna a cavallo di un fallo gigante. Ovviamente quest’era dell’oro aveva un piccolo, ma fastidiosissimo, problema: sfidava il primo principio della legge del libero scambio. Ovvero: il prezzo lo fa il mercato, non una massa di imbecilli e lacchè convinti di essere dei piccoli Padreterni. Per cui, mentre i piccoli Marx smazzavano profitti per consentire alla casalinga di Voghera di tirargli sul palco il reggiseno, qualcuno fiutava l’affare. Comprava masse di biglietti e le rivendeva ai prezzi reali. Il fenomeno non si è manifestato, come ovvio, nel giro di una notte. È iniziato poco a poco, sfruttando anche Internet come facilitatore di incontro tra domanda ed offerta. Questo abbatteva il rischio dell’invenduto, ed incoraggiava ad acquisti sempre più massicci. È falso, infatti, che i bagarini inducano la scarsità per aumentare la domanda. È vero l’esatto contrario: i bagarini sfruttano la scarsità per far incontrare profitto e domanda. Solo che, necessariamente, più bagarini ci sono, prima arriva la scarsità. Il fenomeno non è un circolo vizioso, a meno che, certo, i prezzi non siano del tutto sbagliati.

Siccome lo sono, bisogna sfuggire, in qualche modo, alla legge del libero scambio. E l’unico modo per riuscirci è impedire che sia libero. La prima proposta di questi stati generali sarà di limitare l’acquisto dei biglietti a 12 ciascuno. E fallirà. Fallirà perché i prestanome sono una realtà, i documenti contraffatti in rete pure. Alla fine si arriverà a chiedere una legge che preveda il biglietto nominale e sarà un mezzo disastro: la gente che non potrà andare al concerto perderà cifre ingenti e gli altri dovranno passare controlli sempre più rigidi. In breve, il sistema finirà per incepparsi. Perché, ed è la seconda legge del mercato, una volta che hai perso il libero scambio il emccanismo si ingrippa. Ma dopodomani non ci si preoccuperà di questo. L’orchestrina ce l’hanno già. Ora stanno costruendosi il Titanic.

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