Milano 18 Novembre – La risposta di Renzi mani di forbice all’avanzare del Califfato è la «legge del taglione» ai fondi delle forze dell’ordine. Taglio per taglio, niente di niente: pochi spiccioli nella legge di stabilità, un’elemosina per le divise, roba da massima insicurezza. Quand’anche a Roma succederà l’inenarrabile, perché l’Isis prima o poi manterrà la promessa di colpire il cuore della cristianità, ci ricorderemo della spending review e di quei geni che attraverso la Legge Madia anziché pensare agli sprechi di Stato se la sono presa con chi lo Stato lo difende per pochi euro a rischio della vita.
Ciclicamente il Viminale rilancia l’idea di amputare posti di polizia (251 presidi) salvo negare l’evidenza non appena lo scandalo finisce sui giornali. Con la scusa della «razionalizzazione» e «rimodulazione» del comparto sicurezza ha poi evitato di fare assunzioni a fronte di una carenza d’organico di 42mila servitori dello Stato (lo sbandierato incremento di 2.500 unità è un banale turnover generazionale). Dopo Charlie Hebdo gli strateghi nostrani avrebbero dovuto interrogarsi su come fronteggiare nuovi e incipienti pericoli, quali risposte dare, come riorganizzare il modello antiterrorismo. Invece hanno tirato ancor più la cinghia, risparmiato sui centesimi per divise, giubbotti antiproiettile (scaduti), benzina e cambio gomme, missioni, addestramenti, straordinari eccetera. Ecco perché anziché perdere tempo a rispondere per le rime a Matteo Salvini, il ministro dell’Interno avrebbe dovuto pensare già da tempo a come aggiustare la baracca. Lo faccia finché è in tempo. I tagli alla sicurezza rischiano di procurare ferite profonde che danno la morte o non si rimarginano più. Gian Marco Chiocci (Il Tempo)
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