Fede ed immigrazione. Un approccio cattolico al problema

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Milano 14 Giugno – Non credo sia fuori luogo osservare quanta ironia, in questi giorni, si concentri attorno a Santa Madre Chiesa. Da un lato alcuni padri sinodali, che oggi si chiamano “cattolici adulti” e ieri erano semplicemente eresiarchi, chiedono di aggiornare la lettura della Bibbia per benedire i matrimoni omosessuali, dall’altro ci si aggrappa ad anacronistiche letture di alcuni precetti. Come l’accoglienza dello straniero. Il terreno è scivoloso. Alcuni comandi sono certamente a contestualizzare e rigettare, come per esempio la lapidazione degli omosessuali, altri sono indiscutibilmente universali, ad esempio onora il Padre e la Madre. Poi c’è una zona grigia infinita, in cui la Chiesa ha il compito di mettere ordine. Per millenni si è fatto questo compito seguendo la sapienza tempo degli alberi: si sono cambiate le foglie, tenendo ben salde le radici. Le radici, in questo caso, sono le norme che ci ricordano la nostra Umanità di fronte a Dio. E’ un rapporto costante, che alimenta la linfa vitale della Chiesa. Questo implica rigore e pragmatismo. Rigore nei confronti delle norme che guardano a Dio e pragmatismo nei confronti delle norme umane. Punire l’omosessualità con la lapidazione è inumano. Oggi. Accogliere OGNI straniero è, semplicemente, impossibile. Accogliere SEMPRE PIU’ stranieri è suicida. Questo implica che non vi è ragione di credere che ci si chieda il suicidio, come popolo, in nome di un’accoglienza esasperata. Che, con tutta probabilità, manco i nomadi di cui sopra praticavano. La CEI, la Conferenza dei Vescovi Italiani, pare però essere rimasta estremamente ferma sul punto, mostrando un rigore che avremmo vedere anche nella difesa del culto e della tradizione. La sua immobilità è dovuta ad una serie di fattori, non ultimo il fatto che ormai la Chiesa Italiana si sta trasformando in una Onlus pietosa. Non nel senso che prova pietà. Ma che talvolta fa pietà.

Come gestire dunque il problema? Proteggendo la libertà. Liberi gli stranieri di infrangere ogni legge e venire qua in barconi fatiscenti, e se in prossimità, ribadisco, in prossimità delle coste possiamo aiutare li aiuteremo. Aiutati, rifocillati e medicati vanno riportati indietro. Hanno infranto leggi giuste, poste a salvaguardia di un intero popolo dalla fame di tutto il resto del globo. Che non possiamo certo saziare noi da soli. Già, ma perchè non li andiamo a prendere direttamente, qualcuno ha suggerito.

Perchè non siamo degli scafisti e non dobbiamo essere necessariamente dei complici di chi viola quelle stesse leggi. Non tutti possono essere salvati. E non è che li si lasci moire in mare. Ma non possiamo impedire che si mettano in pericolo, lo vogliono, lo accettano. Se arrivano in acque territoriali li aiuteremo. Altrimenti, beh, non possiamo fare miracoli. Né ci è chiesto. In ogni caso, ci servono molti più esempi che maestri. Inizi il Papa ad aprire le frontiere della Città del Vaticano. Poi ne riparliamo.