Robledo e dintorni

Società

Milano 7 Ottobre – Premetto che non conosco gli esatti contorni della vicenda, avendo letto solamente quanto riportato dalle cronache in questi giorni. Ho informazioni incomplete e parziali. Non so dirvi se Robledo ha sbagliato o Bruti Liberati ha abusato del suo potere.

Una cosa posso però dirla: lo scontro al vertice della procura di Milano fra il procuratore capo Bruti Liberati ed il suo aggiunto Robledo è la naturale conseguenza della riforma della Giustizia varata dal governo Berlusconi tramite il suo ministro guardasigilli Castelli. Una riforma, per essere precisi, portata a termine da Mastella durante il successivo esecutivo Prodi.

Cosa dice questa riforma? Essenzialmente che il vertice dell’ufficio giudiziario, in questo caso il procuratore della Repubblica, è una sorta di dominus assoluto.  Con pieni poteri nell’ambito dell’organizzazione dell’ufficio, della conduzione dell’indagini, nell’assegnazione dei sostituti. Un soggetto che, di fatto, risponde solo a stesso.

I maligni, quando la riforma venne approvata, vollero leggervi il tentativo da parte del governo di controllare le attività delle procure. In maniera “trasversale”. Essendo i capi degli uffici scelti dal CSM, dove la politica elegge i rappresentanti, sarebbe stato sufficiente indirizzare le scelte su soggetti di particolare gradimento per avere ai vertici delle procure  magistrati “allineati” al sistema. E non “schegge” impazzite ed incontrollabili.

Queste sono infatti le accuse che i detrattori hanno sempre rivolto a Bruti Liberati, definendolo più che un magistrato, un politico. Attento ad evitare le indagini “spettacolo”, sempre pronto alla mediazione, mai una parola fuori posto. Pur essendo, comunque, un magistrato con una lunga storia a  “sinistra”.

E’ ovvio che un atteggiamento del genere cozza con l’attivismo di Robledo.  Che, geloso della propria indipendenza e autonomia, ha mal sopportato la presenza di un capo ingombrante come Bruti Liberati.

Vivendo in Italia, si è pensato che non affrontando più il discorso, il problema fra Bruti Liberati e Robledo si sarebbe risolto da solo. Il CSM, già la scorsa primavera, appena il dissidio sulla gestione delle indagini fra i due emerse, decise di risolvere il problema semplicemente non decidendo. Lasciando quindi i due al loro posto. Adesso che però la situazione è deflagrata con la rimozione di Robledo dal suo incarico di responsabile del pool reati contro la PA, il CSM non potrà continuare ad affrontare la situazione comportandosi come lo struzzo.

Certo, quello che emerge, una lotta senza esclusioni di colpi fra due alti magistrati, non fa altro che avvalorare quello che in silenzio quasi tutti pensano (ma non dicono per timore): che nella magistratura ormai si fronteggiano schieramenti opposti il cui unico scopo è il potere per il potere. Alla faccia dell’indipendenza e della terzietà.  Anche perché in situazioni del genere mai proverbio è più azzeccato di quello che i “panni sporchi si lavano in famiglia”.

 Tornerò sull’argomento.

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