Anchorage come Venezia

Esteri RomaPost

Il mondo trattiene il fiato, l’Italia rigurgita il cocomero ne giorno sacro di Ferragosto. Il resto del mondo aspetta il risultato del vertice in Alaska di russi e americani. Alla fine i due presidenti si presentano alla stampa internazionale, ed ai loro ministri seduti in prima fila, con accenti molto positivi. Trump chiama Putin due volte per nome – Vladimir. Il presidente russo, più rigido e solenne fa un lungo excursus sulla simbologia del luogo d’incontro, Anchorage, Alaska, terra comune che custodisce morti comuni memori delle alleanze del passato. Nella sua voce rimbomba il ricordo e la nostalgia per i summit del passato che si chiamavano sovieto-americani. Non a caso Lavrov, l’erede di Cicerin e Molotov era arrivato con una felpa ricoperta dalla grande scritta Cccp, Unione delle repubbliche socialiste sovietiche in cirillico. Prima del vertice, gli esperti hanno sviscerato aspettative e desiderata dei due presidenti, che in estrema sintesi si riducono a poco, il vertice medesimo per Putin, il Nobel per la pace per Trump. Nessuno dei due infatti vedeva in Anchorage altro che un incontro interlocutorio.

Nel nuovo millennio Putin ha incontrato quattro presidenti Usa, Bush jr, Obama Trump e Biden. Con il primo il rapporto fu ottimo, a cominciare dall’incontro nel 2001 in Slovenia alla solidarietà russa portata in Usa dopo l’11 settembre, al trattato di limitazione delle armi nucleari Sort del 2002 firmato a Mosca, all’alleanza nella guerra al terrore dichiarata dai due nel Maryland, alla dichiarazione di amicizia personale a Washington del 2004 alla comune contrarietà alla proliferazione nucleare di Iran e Corea del Nord del 2005 alla Casa Bianca. Nel 2002 gli Usa però erano usciti dai trattati per il disarmo Abm e Start, risalenti agli anni ’70. Nel loro ultimo incontro americano, nel Maine, nel 2007Putin si contrariò con Bush per Kosovo e i missili schierati in Polonia e Cechia. Nel 2010Obama incontrò a Washington il collega Medvedev; quattro anni dopo vide Putin a Pechino e l’anno dopo a New York ai margini Onu. In entrambe le occasioni il presidente Usa rinfacciò al collega di Mosca l’intervento in Siria ed in Ucraina, nel clima delle critiche per la guerra russogruzina del 2008 e la demotura montante del Cremlino. Il primo incontro tra il Donalde Vladimir, a Helsinki nel 2018, fu parte del tentato impeachment del presidente Usa, praticamente accusato di essere una spia russa. Allora Mosca era imputata di avere provocato anche la Brexit. Seguirono colloqui in Argentina, lo stesso anno ed in Giappone nel 2019.Due anni dopo la nuova Casa Bianca democratica aveva sentenziato assassino per Putin. L’incontro a Ginevra tra il sanpietroburghesee Biden, durante il Covid, arenò la crisi diplomatica sull’invasione dell’Ucraina di pochi mesi dopo. Seguì nel 2023 la richiesta d’arresto per il presidente russo della Corte penale internazionale dall’Olanda. Praticamente il massimo della belligeranza europea.

Ecco perché già l’invito americano, l’applauso del Donald al suo arrivo, le calde parole ricevute siano per Putin, e per l’informazione russa tutta, un successo. La sua riabilitazione tra i grandi della terra, ottenuta peraltro con l’uso della forza, chiude la bocca all’isteria democratica, di alcuni paesi europei. Se l’Europa voleva isolare la Russia ha ottenuto il risultato opposto. Putin ha potuto addirittura ribadire urbi et orbi che la guerra con Kiev non sarebbe cominciata con Trump presidente. Come dire, tutte le colpe internazionali sono sempre dei democratici occidentali. Massimo giubilo è stato comunicato in particolare dall’incaricato russo per gli investimenti esteri. Qui la fantasia si scatena; la gioia potrebbe voler dire sospensioni sanzionatorie, accordi petroliferi e spaziali comuni globali, comune sfruttamento di terre rare ed altro nella Groenlandia de nella stessa Ucraina, alla luce delle concessioni già ottenute dagli americani.

Trump da Anchorage invece deve uscire con l’annuncio della pace se vuole il Nobel, classico premio democratico da strappare al nemico. Nella faretra ha già due piccole paci, congoruandese ed indopakistana ma deve ottenere quelle difficili d’Ucraina e di Gaza. Ecco perché, pur di ottenere una tregua, magari parziale, ai combattimenti ucraini, si sarà detto d’accordo con le annessioni volute dai russi, magari senza Kherson e Zaporizhia, lungo la linea del Dnipro con status simile all’armistizio coreano. Avrà convenuto, come in passato, con le esigenze di security russe che significano niente Unione europea e Nato per Kiev, impegnata alla neutralità. Nella conferenza stampa Putin ha dato questa piattaforma o qualcosa di simile come concordata. Trump ha precisato che l’accordo non è completo ed ha fatica ha ricordato che bisogna ottenere il consenso del presidente ucraino. Nessuno dei due leader ha parlato seriamente degli europei. Putin ha messo le mani avanti alludendo a probabili tentativi europei (ma intendeva chiaramente anglofrancesi) di sabotare il grande accordo russoamericano. Trump non ha tirato dentro gli europei ma solo la Nato, cioè il segretario Rutte, suo grande solidale. Il risultato, dal punto di vista americano, è lo sganciamento dalla costosa guerra ucraina, la divisione tra Russia e Cina, che nel frattempo ha escluso un conflitto per Taiwan sotto la presidenza Donald, il rilancio del business energetico con  il ritrovato amico, la fine della riaperta guerra fredda, l’isolamento di Pechino, il grande pacifismo isolazionista.

Se poi Ue ed Ucraina avessero da ridire su questa debacle occidentale (per gli Usa, solo europea) i due leader tirerebbero fuori dal taschino la grande sorpresa, la ripresa del disarmo nucleare con il New Start, denunciato dalla Russia nel 2023 ed in scadenza del 2026. Magari n versione triplice, Cina inclusa. Di fronte a questo tipo di trattati, vero simbolo di pacifismo arcobaleno, chi potrà mai opporsi, pur di fronte a dolorosi compromessi? Potranno i democratici preferire una Nato belligerante al disarmo mondiale? Probabilmente con il solito ritardo arteriosclerotico la Corte penale chiuderà il dossier Putin, assolvendolo a sua insaputa. Gli europei, ma non tutti, guardandoli, Trump e Putin ad Anchorage, hanno pensato ad un altro incontro di vertice, quello di Venezia tra Duce e Fuhrer. Senza chiarire chi dei due assomigli a chi. D’altronde nel 1938 Mussolini rischiò il Nobel per aver salvato la pace a Monaco.

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