L’atomica europea

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In quel di maggio è spuntata in testa a Catania un’idea meravigliosa, rinverdire i buoni propositi della Messina del ’55, con tanto di ministro siculo Martino, per una Costituente entro fine 2025 per fondare una volta per tutte gli Stati Uniti d’Europa. Non era d’altronde stato l’armistizio della siracusana Cassibile l’intro dei trattati di pace? Si è fatto largo nel Palazzo degli Elefanti la campagna del grido di dolore dei cittadini europei inviato ai governi del continente. Catania ne aveva bisogno, attraversata com’è da bufere di ogni genere, sulla politica, l’università, l’aeroporto. Due ex rettori ed una decina di prof dell’Università indagati e sospesi per concorsi truccati; il Comune commissariato due volte con un sindaco destro condannato, severinato, confermato e poi ridefenestrato, un commissario che ne sostituisce un altro, il voto a confermare la vecchia maggioranza; l’aeroporto Fontanarossa, sesto in Italia con 12milioni di passeggeri, ogni anno chiuso per incendi, sempre senza responsabili, demolito il Terminal Morandi in via di privatizzazione, mentre lo scalo di Comiso (più vicina a Ragusa) resta nell’abbandono.

Gli Stati Uniti d’Europa nascono tra guerra mondiale a pezzi ed il riarmo europeo, ReArm Eu o Readiness 2030, proposta operativa da € 800 miliardi approvata a marzo dall’europarlamento. Non bastano le 480 bombe nucleari Nato presenti in 8 basi aeree in 6 paesi europei (150 in Germania, 110 in Uk, 90 in Italia, 90 in Turchia, 20 in Belgio, 20 in Olanda) perché forse gli americani se ne andranno. L’idea nasce a Catania perché questa è la sede operativa del romano Melchiorre, editorialista e professional trainer, già socialista sindacalista, guida dei consumatori del Mec, esperto in aeroporti, voce del fantomatico pensionato scozzese Art Mc Loud, autore della quadrilogia Jihad in cui un debole Occidente si dimostra arrende al neo impero arabo. La prima impresa è stata quella di dribblare la giunta destra etnea per varare la lettera di dolore, assieme a firmatari come Giuffrida, regista del Jihad Nuova vita filmico, sotto una presenza democratica come il presidente dell’assemblea comunale. Più tra mura amiche, a Roma, con consigliere democratiche e dintorni, la presentazione si è tenuta in una delle tante sale Sassoli con le quali l’Urbe onora il dimenticato europresidente.

La lettera di dolore ha vari assunti e postulati. Per esempio gli europei vorrebbero un’Europa democratica, liberale, forte. Poi, l’Europa unita in Stato sarebbe ipso facto grande potenza. Per quali scopi? Per disinnescare i conflitti del mondo. La politica estera forte sarebbe utile a rinsaldare i legami con l’Africa. Poi la forza sarebbe oggi indispensabile, secondo gli autori, appare oggi indispensabile per sostenere la pressione da est (Russia e Cina), da sud ma anche da certi pessimi presidenti americani. L’unione degli europei donerebbe loro l’agognata Costituzione. I postulati sono un po’ deboli, a partire dal melting tra liberalismo, democraticismo, socialismo che sono parte e non tutto della cultura europea. Di governi progressisti nell’Eu ce n’è uno. La politica forte in Africa l’ha fatta la Francia e si sono visti i risultati. Gli europei hanno già rifiutato l’idea della costituzione. Una grande potenza non si comporta come una Ong. Le attuali grandi potenze (attualmente anche troppe) non resterebbero ferme di fronte ad un rivolgimento del quadro internazionale. Le decine di milioni di morti, di due devastanti guerre mondiali, portate a vanto del primato europeo sono in maggioranza di nazionalità oggi nemica e sono prova della sconfitta, tanto che la libertà, che sarebbe l’orgoglio continentale è tutto di marca imposta e di importazione. In ultimo i cittadini europei firmatari lo sono a loro insaputa.

È comunque interessante l’assunto che le guerre cambino le cose, in particolare le relazioni internazionali. Avendo presente che lo start all’integrazione europea poggiò proprio sul trattato dell’Euratom in conseguenza degli eventi dei ’50, tenendo presente che la forza militare odierna si indentifica con l’atomica, si consiglierebbe agli estensori della lettera di dolore di puntare su qualcosa di chiaro ed evidente, come per l’esempio la bomba europea che non esiste. L’Europa è piena di ordigni nucleari gestiti da altri. La necessità di unificare le forze militari dovrebbe partire proprio da una gestione europea di tali ordigni. Non sono considerabili gli ordigni inglesi e francesi, poiché i primi sono vincolati, senza autonomia, ad una cessione americana ed i secondi sono nati e gestiti solo per mandato nazionale. Con il che si dimostra il falso ed ipocrita approccio dei volenterosi che chiamano gli altri solo all’aggregazione gregaria.

Volendo partite da dati concreti e non fantasiosi, l’unificazione dovrebbe riavvolgere il filo delle origini, ripartendo dall’accordo di cooperazione militare, tra i tre ministri della Difesa, italiano, francese e tedesco del ’57 quando la non proliferazione nucleare era là da venire, l’Euratom era concepito come nucleare civile aperto alle ricerche militari ed i tre ministri si accordarono per costruire l’atomica europea comune negli impianti francesi di Colomb-Béchar nel Sahara. Certo, bisognerà rivedere molta pubblicistica e riconoscere come falsa e bugiarda la grande macchina pluridecennale del fango, tra petizioni di scienziati ed interrogazioni parlamentari, che, ispirata da sovietici ed americani, si abbatté sugli esperti diplomatici, militari e ricercatori sostenitori dell’atomica italiana ed europea, accusati di malaffare e scandali, di eversione nera, golpista e massonica.

Vizi accusatori di ieri identici a quelli di oggi. Chi vuol essere europeista, parli di cose serie, come l’atomica europea.

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