Sarebbe indispensabile un leader palestinese dalle posizioni pacifiste di un Martin Luther King. Si fa riferimento spesso al famoso appoggio che il pastore battista, Nobel per la pace ’64, riservò alla causa palestinese. Chi lo fa rivendica la tradizione della resistenza non violenta palestinese. La cosa però non convince, soprattutto negli Usa, l’opinione pubblica. Troppo debole il sostegno religioso a questo tipo di lotta, quando invece in King la rivendicazione non violenta poggiava pronto sullo spirito cristiano dell’altra guancia da porgere. Le figure più note, come Bassam Aramin del Forum dei parenti delle vittime ebree e palestinesi, i martiri dello sciopero della fame dal Gandhi palestinese, da Khader Adnan a Samir Al-Issawi, portano ragioni di compassione, razionalità e giurisprudenza senza alcuna religiosità. Nella fase più recente la leadership palestinese è in mano ai fanatici di un forte credo religioso, nel caso specifico, islamico sunnita. Costoro, sia ispirati dalla reinterpretazione della fratellanza musulmana o dalla jihad, di cui un giovane Adnan era stato portavoce, sono impegnati nella più violenta guerra allo stato ebraico, non riconoscendone il diritto all’esistenza. Proprio la contraria scelta del reciproco riconoscimento fatta dalle fazioni laiche, in precedenza partito di maggioranza palestinese, ha invece determinato il tracollo di consensi tra la popolazione. Sono proprio i non violenti della Cisgiordania a riconoscere che attualmente tra i giovani dei territori cresce l’appoggio per Hamas. mentre nell’imperversare delle bande paramilitari legalizzate dei coloni, sostenute dall’esercito israeliano, si susseguono morte per centinaia e arresti per migliaia di palestinesi. In questo senso il New York Times aveva invocato nel 2010 un Gandhi palestinese per allontanare l’accusa terroristica dalla causa palestinese.
La risposta è stata tremenda. Per Zaha Hassan, avvocatessa palestinese, ricercatrice da Washington al Carnegie Endowment, già consulente del gruppo negoziatore palestinese, ogni palestinese è un Gandhi. Lo è ogni ragazzina della Cisgiordania attraverso un checkpoint, ogni prigioniero in sciopero della fame, ogni gazawi sopravvissuto in condizioni disumane. Da nessuna parte al mondo 2 milioni di persone vivono da un decennio con cibo, acqua e energia razionati. Migliaia di tappetini da preghiera ogni venerdì sono la resistenza non violenta palestinese a Gerusalemme, nel Naqab, in Cisgiordania. In Israele la non violenza esercitata dall’esperienza storica di King come boicottaggio e sanzioni, è un reato punito per legge. La resistenza non violenta nei territori occupati o all’estero non è ammessa dalle leggi dei difensori di Israele. Chi esercita la non violenza anche se ebreo americano non ha diritto di viaggiare in Israele sugli aerei Usa. Il popolo palestinese, ostinato a sopravvivere nonostante i tentativi di eliminarlo, dimostra una moderazione da premio Nobel per la pace. Secondo l’avvocata, il Gandhi palestinese, il King palestinese sono già dappertutto. Resta sottinteso che dopo aver dimostrato tanta non violenza, è giustificata una buona dose di violenza organizzata.
Quest’impostazione nasconde l’intreccio tra lotta non violenta, violenta e terroristica che ha caratterizzato la storia palestinese in 80 anni. Partiti palestinesi ed alleati arabi hanno provato tutte le guerre possibili fino a che uno dopo l’altro si sono arresi o ritirati. Dopo, ci sono stati decenni di guerriglia e di lotta terroristica che ha montato una corrispondente repressione sempre più dura. Tutte le finestre di pace apertesi in possibili accordi internazionali sono state rifiutate dai palestinesi. La non violenza è apparsa non una prima scelta meditata ma l’ultima possibilità rimasta agli sconfitti nelle armi, pronti a riprenderle. Bassam Aramin da Gerico del Forum dei parenti ebrei e palestinesi di vittime del conflitto opera in Cisgiordania, solo virtualmente, nell’attuale stato di guerra, su Zoom e Skype, perché è reato muoversi. Al suo gruppo che punta al dialogo contro ogni violenza, è stato interdetto di parlare di riconciliazione in pubblico e nelle scuole e Aramin sa di far parte di una minoranza controcorrente cui con fatica ha fatto aderire i familiari. Nessuno mi ha mai dato del traditore, sono stato nelle carceri, ho perso mia figlia, ho il diritto di parlare. È più facile essere pacifista in Palestina che in Israele dove incarcerano o licenziano per un post su Fb o WhatsApp. I gazawi sono più ottimisti degli telavivim (abitanti di Tel Aviv) perché hanno meno da perdere e soffrono di più. La vita quotidiana qui non è normale, i checkpoint per il lavoro, la scuola, la casa e la famiglia trattengono le persone per diverse ore. Anche il presidente palestinese si muove con un permesso israeliano o americano. Per noi i governi degli ultimi 75 anni sono stati tutti uguali, fascisti, una brutale occupazione militare che occupa, incarcera, confisca, ruba, uccide. elimina ogni libertà anche con arresti indiscriminati, la detenzione amministrativa senza accuse, che può durare anche per 10 anni, e che alla fine provoca resistenza e violenza. Per il non violento Aramin il 7 ottobre è stata una vendetta che, temevo, ci sarebbe scoppiata tra le mani e così è stato. Israele tratterà solo dopo una enorme strage di innocenti. Chi vive sotto occupazione resisterà comunque. Non si può pensare di chiudere due milioni di persone in una scatola. Nessuno sparirà solo perché l’altra parte lo desidera. Gli israeliani soffrono della mentalità della vittima, dall’antisemitismo all’Olocausto; vedono un mondo di nazisti, antisemiti o negazionisti. Noi siamo le vittime delle vittime. Israele spende miliardi e miliardi in armi e non basta a proteggerla. La pace si fa con i nemici, non con gli amici. L’unica cosa che può garantire davvero la sicurezza è un accordo di pace con i palestinesi. Aramin giustamente incolpa le minoranze razziste ma vi fa rientrare solo il governo israeliano. Già incarcerato per 7 anni fino al ’98 con una figlia decenne uccisa nel 2007 da un poliziotto israeliano al confine, ma pieno di altri figli, Aramin ha conseguito un master sull’Olocausto e conosce l’ebraico, vuole la non violenza ma non condanna Hamas, neppure può. Anche lui rammenta le parole di King (Alla fine ci ricorderemo del silenzio dei nostri amici) per criticare la debolezza del fronte dei diritti. Eppure questo, oltre dichiarare criminale il governo israeliano, cosa potrebbe fare? Dovrebbe fargli guerra come fecero in passato gli stati arabi?
Un’altra figura, famosa come Gandhi palestinese, è quella del fornaio e matematico Khader Adnan dalla Cisgiordania. Adnan fu un attivista palestinese morto a 45 anni nel 2023 dopo 12 arresti, sempre senza processo, e diversi scioperi della fame, di cui l’ultimo di 87 giorni si rivelò letale. Nel ‘96, da studente, Adnan era divenuto portavoce della Jihad islamica palestinese per poi interrompere ogni attività politica. Nel ‘99 fu arrestato dall’Autorità Palestinese e fece 10 giorni di sciopero della fame; nel 2002 trascorse un anno in detenzione amministrativa israeliana e sei mesi dopo, messo in isolamento, fece 28 giorni di sciopero della fame. Nel 2005 invitò alla lotta contro Israele e l’ANP; venne arrestato cinque volte per l’affiliazione jihadista per 15 mesi con 12 giorni di sciopero della fame. Nel 2008 tornò sotto detenzione e sciopero della fame. Nel 2011 Adnan in detenzione amministrativa iniziò la fame per 66 giorni fino al 2012, quando venne rilasciato per lo sciopero della fame del padre e di centinaia di altri prigionieri in segno di solidarietà. Arrestato di nuovo senza accusa nel 2015 con 56 giorni di fame, nel 2017 con 58 giorni di fame, nel 2021 con 25 giorni di fame fu arrestato, per l’ultima volta nel 2023 con uno sciopero della fame che durò 87 giorni fino alla sua morte. In 8 anni cumulativi di detenzione israeliana Adnan fu torturato, legato e umiliato pagando semplicemente per l’atteggiamento di sfida. Nonostante tutto ha avuto 9 figli, il che spiega come hanno fatto i palestinesi a passare dai 600mila abitanti del 2000 ai 2,2 milioni di oggi. Adnan inaugurò lo sciopero della fame individuale denunciando il sopruso della giustizia militare israeliana. La moglie di Adnan ha ricordato che Non ci fu sangue durante gli scioperi della fame. Non vogliamo risposte al martirio. Non vogliamo che qualcuno lanci razzi e poi (Israele) colpisca Gaza. Invece da Gaza partirono 20 razzi ed i jet di risposta causarono 13 morti. Al martire Adnan segue Samir Al-Issawi, il detenuto palestinese noto per 266 giorni di fame nel 2024.
È divenuto noto anche Issa Amro di Hebron del Youth Against Settlements, gruppo non violento contro l’occupazione israeliana ed i coloni nei territori, apparso in un documentario Bbc. Non deve la fama al canale inglese, agli arresti o alle botte prese dai coloni quanto alla sconfessione della notizia del Wall Street Journal che aveva annunciato l’intenzione dello sceicco Jaabari e delle tribù di Hebron di fare pace con Israele ed aderire autonomamente agli Accordi di Abramo. Amro ha garantito che lo sceicco Jaabari è un signor nessuno e gli amici dei palestinesi hanno tirato un respiro di sollievo. Il Manifesto, invece, ha salutato con gioia la sconfitta delle cosiddette Forze popolari di Yasser Abu Shabab, denunciandone il collaborazionismo per Israele. Nell’attuale situazione di fame, mentre l’esercito israeliano ed Hamas si contendono il controllo di ogni centro di distribuzione di cibo, appare normale che banditi e mercenari beduini si facciano spazio anarchicamente. Ai fautori di Israele importa che vinca Gerusalemme, ai fautori dei palestinesi che Hamas e le Brigate Qassam non arretrino. Chi urla al diritto internazionale pretende il ritorno dell’Onu sapendo che si tratta della copertura totale di Hamas. Le poche manifestazioni spontanee palestinesi, gli improbabili sceicchi, i ladri beduini, già condannati in contumacia per tradimento, sono negativi perché fanno il gioco di Israele. Non sia mai che i palestinesi cerchino solo la pace. Per questo tra i palestinesi comuni passa l’idea che tutti i politici e gli attivisti siano solo attori falliti. Tra questi il segretario del Pni (Iniziativa Nazionale Palestinese) Barghouti, firmatario della dichiarazione di Pechino del 2024, approvata da 14 fazioni palestinesi, tra cui Hamas e Fatah. L’accordo del ’24 segue a quello del’22 e de Il Cairo nell’11. La riconciliazione palestinese è la via della presenza cinese in Medio Oriente. Già candidato presidente dell’Autorità nazionale nel 2005Barghouticredealla riconciliazione nazionale e ad una Intifada non violenta. Anche lui non condanna i tunnel Si dice che Hamas fa guerra con i terroristi nel tunnel. I tunnel sono un modo di resistere al blocco totale che dura da 8 anni. Ci vuole l’Intifada della non violenza. Dal 1967 sono stati incarcerati oltre un milione di palestinesi. Se la soluzione dei due Stati fallisce si consolida l’apartheid, questo porterà a una nuova lotta per la parità dei diritti. Intanto l’Autorità Nazionale incolpa Hamas della guerra di Gaza ed il partito islamista accusa l’Olp, dove Fatah è maggioritaria, di tradimento per il riconoscimento di Israele nel 1993.Non solo sono tutti falliti, tutti hanno mandati elettorali ampiamente scaduti. Così evapora la possibilità di una leadership ed un movimento popolare non violenti. Resta integro invece il miracolo della sopravvivenza tra decine di migliaia di morti del disegno reazionario degli accordi di Abramo dove a Bahrain, Emirati, Marocco e Sudan dovrebbero unirsi Arabia Saudita e Siria, forse Mauritania. Il solco tra ebrei e arabi incredibilmente si affievolisce. Più che sulla tregua là va la diplomazia. Per esistere, la non violenza ha pochissimo tempo davanti.

Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.