Da qualsiasi angolo si esamini la trentennale occupazione abusiva del Leoncavallo, appare evidente un uso e abuso intollerabile di cui molte volte abbiamo parlato. Si direbbe che un abuso così longevo sia diventato un diritto per gli abitanti del Centro Sociale e si direbbe che l’accondiscendenza del sia ingiustificabile, ma la realtà rimane.
Gli sviluppi ad oggi della questione, sono stati puntualmente descritti dal Corriere.
“Il ministero dell’Interno, come stabilito dalla Corte dei conti, ha versato la cifra alla proprietà dello stabile occupato da 30 anni in via Watteau. Ora però parte la richiesta di risarcimento. La replica dell’associazione: «Il Leoncavallo è una storia collettiva». Nuovo tentativo di sgombero il 15 luglio.
L’ora dei conti. Il Viminale, come ha stabilito la sentenza della Corte d’appello, ha versato ai Cabassi, proprietari dell’edificio in via Watteau dove ha sede il centro sociale Leoncavallo, 3 milioni di euro come risarcimento per il mancato sgombero dell’edificio. Ora però il dicastero chiede il rimborso a chi da anni occupa il centro sociale: il ministero degli Interni ha notificato un’ingiunzione di pagamento all’associazione Mamme Antifasciste del Leoncavallo, nella persona della sua presidente, per rivalersi dei 3 milioni versati dal Viminale e dei conseguenti interessi legali, in quanto «l’esborso è stato causato dall’inottemperanza dell’associazione ai provvedimenti giudiziari che le ordinavano il rilascio dell’immobile occupato abusivamente».
Il fatto è che, prosegue il Corriere, “Lo scorso novembre i giudici hanno condannato il ministero dell’Interno a pagare 3 milioni di euro al gruppo Cabassi, proprietario dell’immobile, per essere stato «inadempiente» davanti a un’occupazione durata 30 anni. La proprietà ha più volte chiesto alla Prefettura di eseguire lo sgombero. Procedura però mai portata a termine, prima per «ragioni di ordine pubblico», poi perché negli anni il Comune aveva tentato una mediazione con i Cabassi. Mediazione non andata a buon fine. Finché poi è arrivata la decisione della Corte d’appello a imporre una svolta nella storia.
In adempienza, dunque, alla sentenza di condanna dei giudici, «il 26 marzo — si legge nel documento — la Prefettura ha provveduto a versare ai Cabassi la somma complessiva di circa 3 milioni e 175 mila euro», cifra in cui sono stati inseriti, oltre alle somme richieste per il risarcimento anche gli interessi legali e le spese processuali. Ora però il Viminale chiede il conto indietro. Così, attraverso un’ingiunzione di pagamento, il ministero «intima all’associazione, nonché alla presidente Marina Boer, di provvedere entro 60 giorni dalla presente a rimborsare la somma all’amministrazione». Chiamata a pagare tutta la cifra in realtà però è solo la presidente in quanto l’associazione non ha patrimonio.”
La grave querelle rimane aperta, nonostante le barricate giustificative dell’Associazione che confida nel Sindaco per una nuova sistemazione nel nome di interessi collettivi negati ad esempio alla Casa del Fumetto, simbolo di una cultura alternativa unica, a Milano ed esempio di iniziative e sede di un archivio significativo.
Nessuno sa leggere nel futuro, rimane che 30 anni di abusivismo, illegalità, permissivismo tollerato per le attività commerciali senza regole e ideologie antistato ospitate, ancora si mette in dubbio l’obbligatorietà dello sgombero.

Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano
Il Leoncavallo non sa più di esistere da tempo. Inutile luogo di aggregazione di saliani e teppisti.