Nel giorno dello sciopero nazionale dei trasporti, Milano si è rivelata fragile, in bilico, ostaggio del suo stesso modello di mobilità. Atm, nel suo ultimo aggiornamento delle 18, ha comunicato che la linea M1 è rimasta attiva solo tra Lotto e Loreto, mentre la M3 ha funzionato tra San Donato e Maciachini. Le altre stazioni delle due linee sono state chiuse. La M2, la M4 e la M5 hanno operato, ma il servizio andava a singhiozzo e a scartamento ridotto. Sulle linee di superficie – tram, bus e filobus – si sono accumulati ritardi, deviazioni e interruzioni, complici anche le manifestazioni pro-Palestina che hanno ulteriormente appesantito il traffico cittadino e modificato i percorsi di almeno sette linee urbane.
Il problema non è stato tanto il disagio prevedibile di una giornata di sciopero, quanto l’evidenza di un paradosso strutturale. Milano, che negli ultimi anni ha investito quasi esclusivamente nella centralità del trasporto pubblico, si è ritrovata bloccata. L’utopia di una città interamente sostenuta dai mezzi pubblici si è infranta contro la realtà: quando il trasporto pubblico si ferma, tutto si ferma. Il diritto di sciopero degli operatori del TPL – legittimo e costituzionalmente tutelato – si è scontrato con un altro diritto altrettanto fondamentale: quello alla mobilità. L’impossibilità per migliaia di cittadini di raggiungere il luogo di lavoro, accompagnare i figli a scuola, accedere a servizi sanitari, non è stata un effetto collaterale, ma la diretta conseguenza di un sistema troppo dipendente da una sola modalità di trasporto.
Serve allora una riflessione urgente. Una città moderna e complessa come Milano non può essere ostaggio di un’unica infrastruttura, per quanto efficiente in condizioni ordinarie. Serve pluralismo nei mezzi: trasporto pubblico, sì, ma anche mobilità privata, car sharing, percorsi ciclabili funzionali, parcheggi di interscambio, servizi su richiesta per le aree meno collegate. Sostenibilità non può significare rigidità. Un sistema resiliente deve poter assorbire shock, come uno sciopero o una manifestazione, senza andare in crisi. Altrimenti, l’intera città diventa vulnerabile.

Giornalista pubblicista, opera da molti anni nel settore della compliance aziendale, del marketing e della comunicazione.