Dal reel su Instagram al piano strategico delle DMO, oggi il viaggio nasce da una suggestione mediatica. Il turismo non si promuove più, si racconta. E chi non ha una storia autentica da offrire è destinato a sparire
Il viaggio inizia sempre da una suggestione
Una frase letta per caso, un’immagine potente, un reel di pochi secondi. Prima di prenotare, il turista immagina. E quell’immaginario – oggi più che mai – è costruito dalla comunicazione.
Parlare di turismo e comunicazione, quindi, non è un esercizio tecnico. È capire come nascono i desideri di viaggio, quali linguaggi li alimentano e in che modo i territori possono raccontarsi senza tradirsi.
Secondo il World Travel & TourismCouncil, la comunicazione incide fino al 60% sulle scelte di destinazione. Le immagini, le storie e i contenuti online plasmano i desideri dei viaggiatori molto più dei pacchetti promozionali o dei prezzi. È il racconto che muove, che convince, che fa sognare. Oggi ogni viaggiatore è anche autore. Le sue foto, i reel, le recensioni alimentano l’identità del luogo. Le DMO più intelligenti coinvolgono gli utenti, li rendono parte attiva del racconto, ne amplificano la voce.
È un cambio di paradigma: non più promozione unilaterale, ma dialogo. Non marketing, ma relazione.Perché, come scriveva Roland Barthes, ‘il viaggio è un discorso’. E chi sa raccontarlo, oggi, fa la differenza.
Ecco perché la comunicazione turistica non può più permettersi di essere né banale né scollegata dall’identità del territorio.
Dalle brochure ai creator: il nuovo paesaggio della promozione turistica
Fino a qualche decennio fa, promuovere una destinazione significava stampare brochure, partecipare alle fiere di settore e contare sui cataloghi dei tour operator. Oggi è tutta un’altra partita.
Instagram, TikTok, YouTube, newsletter, podcast, blog e persino LinkedIn sono diventati luoghi strategici. Ma attenzione: non bastano più le foto belle. Serve un racconto coerente, autentico, emozionale. E serve saperlo adattare ai linguaggi del pubblico. Nel nuovo scenario, ogni contenuto è un tassello narrativo. Ogni territorio è un brand. E ogni turista, un possibile ambasciatore.
Case history: quando la promozione fa davvero la differenza
Una delle campagne più riuscite è stata “Scopri l’Italia che non sapevi”, promossa dal Ministero del Turismo in sinergia con le Regioni. Obiettivo: valorizzare territori meno noti e promuovere esperienze autentiche. Il risultato è stato un racconto collettivo dell’Italia più intima e nascosta.
La Calabria, con “Gira e rigira”, ha rotto lo stereotipo del Sud marginale, usando video e immagini forti. Le Marche, con “Mare e montagna? Mare e montagna!”, hanno comunicato la varietà territoriale in modo semplice ed efficace.
Le DMO e il ruolo dei destination manager: strategia, coerenza e visione
Le Destination Management Organization (DMO) sono le vere registe della comunicazione territoriale. Pianificano, integrano, costruiscono brand. La DMO Dolomiti Bellunesi ha saputo coniugare natura e autenticità in una narrazione coerente grazie a una pianificazione meticolosa e a una visione strategica ben definita. Ha costruito un brand identitario fondato su valori fortemente percepiti come la sostenibilità, l’autenticità dei luoghi e la valorizzazione del paesaggio dolomitico, patrimonio UNESCO. Il piano ha previsto il coinvolgimento diretto di operatori turistici, enti locali, guide ambientali e comunità residenti, con l’obiettivo di integrare l’offerta e creare esperienze coerenti con l’identità del territorio. Tra le azioni più efficaci: la creazione di un portale interattivo in più lingue, la formazione degli operatori sul digital storytelling e la presenza costante sui canali social, dove i contenuti visivi sono stati curati con standard editoriali elevati.
I risultati non si sono fatti attendere: incremento dei pernottamenti nei comuni minori, maggiore permanenza media, crescita della domanda internazionale e, soprattutto, un nuovo posizionamento percepito come “turismo di valore” da parte di viaggiatori consapevoli e attenti alla qualità dell’esperienza.
Ad Amalfi, con la guida di Josep Ejarque, è stato avviato un piano strategico di marketing turistico che ha trasformato la città in una boutique destination. Tra le azioni principali: la creazione del portale Visit Amalfi, l’apertura dei canali social ufficiali, la fondazione della rete di operatori Amalfi Experience, corsi di formazione per gli addetti al turismo e attività con gli studenti. Tutto questo con l’obiettivo di ridurre l’overtourism, aumentare la qualità dell’offerta e rendere il turismo attivo 365 giorni l’anno.
Nella Val di Noto, Christian Del Bono ha guidato Enjoy Barocco rafforzando il brand attraverso una strategia integrata fondata sull’identità culturale e territoriale. Ha costruito una narrazione autentica del barocco siciliano coinvolgendo attivamente gli operatori locali, promuovendo percorsi esperienziali e sostenibili, e puntando su eventi, media partnership (come quella con National Geographic) e l’uso intelligente dell’AI per personalizzare l’esperienza dei viaggiatori. La partecipazione a fiere di settore e l’organizzazione di press tour internazionali hanno contribuito a consolidare Enjoy Barocco come destinazione culturale d’eccellenza.
Intelligenza artificiale e turismo: alleata invisibile ma potente
Sempre più DMO utilizzano l’intelligenza artificiale per affinare la comunicazione: chatbot che accolgono i turisti in più lingue, itinerari personalizzati basati sui gusti, contenuti ottimizzati tramite AI, assistenti virtuali che suggeriscono esperienze in tempo reale. L’AI non sostituisce la creatività, ma la amplifica: aiuta a conoscere meglio i pubblici, a rispondere in modo puntuale, a creare narrazioni flessibili e dinamiche.
Un esempio concreto è il portale Visit Trentino, che utilizza un sistema di AI per proporre attività in base alla stagionalità e ai comportamenti dell’utente. Anche alcune DMO francesi e scandinave stanno testando l’uso di generative AI per produrre testi multilingua aggiornati e coerenti con l’identità locale.
Influencer e turismo: quando il racconto diventa esperienza
Non si può parlare di comunicazione turistica senza considerare gli influencer. La loro capacità di raccontare un territorio con linguaggio immediato e personale ha effetti diretti sulla reputazione delle destinazioni.
Un esempio virtuoso è la collaborazione tra le Gallerie degli Uffizi e Cristina Fogazzi, nota come Estetista Cinica, che con il progetto Bellezze al museo ha avvicinato un pubblico giovane al patrimonio artistico. La narrazione pop e accessibile della campagna ha portato a un incremento del 27% delle visite, grazie anche all’uso di social e contenuti video.
Le Gallerie hanno inoltre rafforzato la propria identità digitale con un piano editoriale efficace, che ha stimolato engagement e partecipazione. Il successo è stato confermato anche dai numeri del 2022, con oltre 4 milioni di visitatori.
La Regione Veneto, attraverso una strategia basata sui creator, ha rafforzato la propria presenza online, soprattutto tra i giovani viaggiatori. Il progetto Veneto Creators, avviato nel 2023, ha coinvolto inizialmente 28 giovani content creator selezionati per raccontare il territorio con linguaggi digitali innovativi. Nel 2025 il numero è salito a 100 creator, con oltre 300 video e 1.500 stories pubblicate. I contenuti hanno raggiunto 156 milioni di visualizzazioni e portato a un incremento del 230% dell’engagement. Il piano editoriale, coordinato da Veronica Civiero, ha permesso a istituzioni e privati di veicolare messaggi autentici su natura, cultura e lifestyle veneto in modo dinamico e coinvolgente.
Due esempi internazionali di comunicazione eccellente meritano di essere citati. A livello europeo, l’ente del turismo islandese ha lanciato la campagna “Inspired by Iceland“, costruita attorno all’ironia e alla partecipazione degli utenti. Attraverso video virali come “The Iceland Academy” e la piattaforma “Letit Out” (in cui i turisti potevano registrare urla di sfogo da condividere nei paesaggi islandesi), la destinazione ha comunicato autenticità, sicurezza e libertà, portando a una crescita costante dei flussi turistici post-pandemia.
A livello globale, un caso di studio emblematico è quello della campagna “100% Pure New Zealand“. Lanciata nel 1999 e ancora oggi attiva, ha costruito un’immagine potente e coerente del Paese, fondendo natura incontaminata, accoglienza, cultura maori e lifestyle sano. Particolarmente efficace l’iniziativa “100% Middle‑earth™” che ha capitalizzato il successo della saga cinematografica de Il Signore degli Anelli, girata in Nuova Zelanda. Più di recente, la campagna “IfYou Seek” ha invitato i viaggiatori a scoprire esperienze autentiche e personali nel Paese. Queste strategie hanno mantenuto alta la reputazione della destinazione, adattandola alle nuove tendenze del turismo. (Tourism New Zealand)
Quando la comunicazione sbaglia: DMO in perdita di appeal
Non tutte le DMO hanno saputo adattarsi. Alcune realtà, troppo ancorate a linguaggi istituzionali o incapaci di rinnovarsi, hanno visto crollare l’interesse turistico. Comunicazione poco empatica, la mancanza di strategiao la scarsa presenza digitale hanno reso invisibili luoghi con grande potenziale.
Un esempio concreto è quello della DMO del Cilento, che pur disponendo di un patrimonio naturalistico e culturale straordinario, ha faticato a costruire un’immagine coerente e riconoscibile. L’assenza di una narrazione forte e la scarsa integrazione tra enti pubblici e operatori locali hanno impedito di posizionare l’area tra le destinazioni turistiche strutturate. Anche la DMO del Gargano, per lungo tempo priva di una strategia social efficace, ha perso terreno rispetto ad altre aree pugliesi più aggressive nella promozione digitale, come la Valle d’Itria o il Salento.
A livello internazionale, un caso emblematico è quello delle campagne di promozione turistica del Brasile in occasione delle Olimpiadi di Rio 2016. Nonostante la visibilità globale, la narrazione è risultata disordinata e troppo focalizzata sugli eventi, trascurando l’identità culturale, la sostenibilità e la promozione territoriale. La comunicazione istituzionale non è riuscita a contrastare le immagini legate a criminalità, disorganizzazione e impatti ambientali, con un danno alla reputazione turistica a lungo termine. Una lezione su quanto sia strategico pianificare la comunicazione anche in presenza di eventi globali di grande richiamo.
Comunicare sostenibilità: verità, non slogan
Sempre più turisti scelgono con la testa e col cuore: cercano esperienze autentiche, rispettose dell’ambiente, dei ritmi locali, delle comunità. Il viaggio sostenibile non è più una nicchia: è un movimento globale che chiede verità, coerenza, responsabilità. E la comunicazione, in questo contesto, ha un compito preciso: non mentire.
Attenzione quindi al greenwashing, il maquillage ecologico buono solo per i post su Instagram: il viaggiatore consapevole lo fiuta subito. Non bastano due parole in verde o un hashtag con “eco”. Serve sostanza. Serve un progetto che abbia radici nel territorio e nei comportamenti quotidiani. Le DMO più efficaci non si limitano a dichiarare impegni, li mostrano: promuovono itinerari a piedi, cicloturismo reale (non su strade trafficate), azioni plastic-free misurabili, mobilità dolce, economia circolare, eventi a basso impatto. Ma soprattutto, costruiscono reti locali: collaborano con piccoli produttori, artigiani, guide ambientali, cooperative sociali. Perché sostenibilità vuol dire anche giustizia territoriale.
Il linguaggio conta. Parlare di sostenibilità significa anche evitare toni moralistici o autocelebrativi. Chi comunica deve essere parte del cambiamento, non il suo spettatore. La sostenibilità, per essere credibile, deve diventare narrazione vissuta, parte integrante dell’identità della destinazione. Non un vestito buono per le fiere.
Un caso interessante è quello di Alto Adige Marketing, che ha legato il concetto di sostenibilità al benessere, al silenzio, alla rigenerazione. Lontano dalla retorica green, il racconto si è articolato in una serie di contenuti che mostrano paesaggi intatti, agricoltura organica, comunità resilienti. Il risultato? Un posizionamento solido e distintivo, coerente con la promessa fatta al turista: vieni qui, respira davvero. Lo stesso vale per la Val di Sole, che ha scommesso sul turismo senz’auto con iniziative concrete: treni+bici, navette verdi, sconti per chi arriva in treno, valorizzazione dei sentieri storici. Tutto raccontato con semplicità, senza toni da missionari. Quando vogliamo comunicare la sostenibilità non dobbiamo pensare a un’operazione di marketing: quello che stiamo facendo è un atto politico e culturale, una scelta di campo. E chi lo fa davvero, senza scorciatoie, sarà premiato da un turismo nuovo. Più lento, più consapevole, più umano.
Non si viaggia più solo per vedere. Si viaggia per assomigliare a un’immagine, per vivere dentro un racconto. E quel racconto – oggi più che mai – è il vero motore dell’economia turistica. Chi lavora nel settore non può più permettersi comunicazioni scollate dall’identità, slogan senz’anima o promozioni fotocopia. Il turista di oggi è attento, sensibile, curioso. Premia i territori autentici, penalizza chi recita un copione sbagliato.
In un mondo iper-connesso, dove tutto è racconto e ogni racconto può diventare virale, la vera sfida è costruire immaginari che durino. E allora, che tu sia un piccolo borgo umbro o un grande ente nazionale, ricordati: se non sai emozionare, non esisti.

Giornalista, autrice e conduttrice tv ha prodotto per quasi un decennio un noto programma televisivo sull’arte e la cultura in Sicilia, Profile Magazine tv.
Scrive per diverse testate ed è stata Direttore Responsabile di CulturaIdentità.
Oggi è Coordinatore Nazionale e responsabile della comunicazione dell’Unione Nazionale Vittime(UNAVI).
Alla sostenibilità affiancherei l’inclusione, così sarebbe il top! Per il resto sono pienamente d’accordo con lei.