Decine di bambini , dalle elementari alle medie, e alla guida i loro insegnanti. Poi tutti al lavoro durante l’inverno con colla, martelli, fil di ferro, cartapesta: con pescatori, agricoltori, artigiani, ingegneri, medici, pensionati. Tutti preparano in box, cantine, retrobottega e magazzini i carri fioriti all’insegna della mimosa … Perché il fiore effimero della mimosa (come cantava Montale) è l’emblema di questo piccolo borgo in cima a una collina, tra Nervi e Santa Margherita, regno delle seconde case dei milanesi e con il più alto reddito pro capite di residenti in Liguria. Eppure, e sembra una fiaba, nessun radical chic o ZTL o punkabbestia nel paesino, e nessuna movida nei bar ancora gestiti da ottocentesche società operaie di mutuo soccorso.
Ma tanti, tantissimi bambini che danno un senso all’essere “comunità” e che giocano davanti alla chiesa di san Michele, sempre affollatissima alla domenica.
Nelle creuze, a volte le donne si radunano per recitare il rosario. Alla seconda domenica di febbraio, dal 1957, ecco si svolge una paesana sagra con una sfilata di carri fioriti trainata da trattori all’insegna della mimosa (vedi il video). Una sagra che domenica scorsa con i suoi quattro carri ha stregato i residenti di Genova, Santa Margherita, Camogli che hanno sfidato freddo e nuvole per gustare una sagra che promette per i prossimi anni di diventare un punto di riferimento per il territorio e per il turismo intelligente.
E’ la sagra dell’Identità e della Tradizione. Immaginiamo residenti e negozianti di Corso Como e corso Ticinese (insieme agli insegnanti e agli studenti delle scuole locali e ai Ferragnez ) riuniti nei sottoscala del quartieri per tutto l’inverno, a programmare, studiare e realizzare carri fioriti a tema: attualità, personaggi della tv e del cinema. Per poi sfilare a bordo di trattori per il Quadrilatero della Moda. Impensabile. Succede invece a Pieve Ligure, a dieci chilometri da Genova. La sindaco Paola Negro, due lauree e tre figli, guida la sagra della identità post contadina che non ha perso i propri valori e riferimenti nel mondo contemporaneo, elettrico, green, sostenibile. Una sagra inventata da alcuni agricoltori negli anni del boom economico per raccogliere fondi per la parrocchia, vendendo mazzi di mimose, un rito caparbiamente sopravvissuto ai festival di Sanremo. Da non perdere la benedizione degli animali domestici che il parroco esegue diligentemente per cani e gatti, sostituti di cavalli, asini e buoi.
Ma perché tutto avviene la seconda domenica di febbraio? Perché in questa data cessano temporali e freddo e si intravede l’inizio della primavera: arguzia e sapienza degli avi liguri che qui si trasmette da generazioni. Certo, Pieve Ligure è da considerarsi ormai un piccolo quartiere al confine della grande Genova, ma i milanesi delle seconde case che qui abitano dicono: hai voglia pensare alla tradizione a Milano due o alla Barona. Scomparse sagre di quartiere, processioni, mercatini. Basta guardare la fine che ha fatto il tradizionale mercato di viale Papiniano, trasformato in suk. Un futuro sindaco milanese dovrebbe fare un giro a Pieve e curiosare in certi box tra colla e fil di ferro e trattori. La tradizione delle sagre popolari non deve essere dimenticata. Della sagra se ne è accorto recentemente il New York Times che ha inserito il paesino ligure nei borghi assolutamente da visitare nel grand tour post moderno alla ricerca della bellezza..

Cronista al Corriere della sera poi inviato a L’ Europeo di Vittorio Feltri e reporter su Affaritaliani . Ultimo libro pubblicato : Wanda L’ ultima maitresse ed Mimesis